«Ossigeno, ozono e telemedicina: ecco come curare i malati di Covid»

Di Giuseppe Bonaccorsi / 25 Novembre 2020

CATANIA – E’ operativo da ieri al Cannizzaro, su disposizione della direzione generale, un nuovo reparto per il Covid-19. Si tratta della nuova pneumologia affidata al primario di terapia intensiva respiratoria Sandro Distefano che si dividerà tra Utir e reparto Covid. Lo abbiamo incontrato.

Dottore questo reparto nasce principalmente per affrontare il Covid attraverso una visione differente con l’approccio dell’esperto pneumologo?

«Questo reparto voluto dal direttore generale Salvatore Giuffrida e dal direttore di dipartimento dell’area medica, Francescamaria Gibellino, che vista la grande affluenza di casi covid hanno deciso di affidarmi la responsabilità dei pazienti con problemi respiratori, nasce dalla necessità di affrontare con celerità quei pazienti che hanno già un focolaio polmonare non grave, attraverso interventi che evitino l’aggravarsi della sintomatologia».

E allora come intende trattare questi pazienti?

«Il paziente che sviluppa una insufficienza respiratoria ha bisogno di aiuto con la ventilazione non invasiva, dato che dai tanti casi si è visto che il paziente se viene ventilato in modo non invasivo nelle prime fasi della malattia ha maggiore possibilità di guarire. Il mio reparto si pone questo obiettivo. Quindi contrariamente a quanto si diceva in passato si sta cercando di anticipare i sintomi che danno maggiore difficoltà respiratoria attuando un sistema d ventilazione più ossigeno terapia e ozono terapia. Inoltre anche l’antivirale Rendesivir verrà somministrato nelle prime fasi della malattia perché si è visto è ha dato ottimi risultati nelle fase iniziale di gravità».

Ma questa assistenza come viene effettuata?

«Tramite ventilatori che possono essere anche di uso domiciliare. Ne approfitto per aggiungere che a inizio novembre ho presentato al presidente della Regione Musumeci, all’assessore alla Salute Ruggero Razza e al dg della mia azienda un progetto per la telemedicina. Noi oggi abbiamo da affrontare l’enormità del numero di pazienti che sono ricoverati. Dobbiamo, quindi, portare alla deospedalizzazione. E per fare questo ho pensato a un sistema di telemedicina che consentirebbe di trattare in casa i pazienti con insufficienza respiratoria di grado medio attraverso ventilatori domiciliari e ossigeno. Per quanto concerne il problema del reperimento di ossigeno gassoso l’assessorato il 20 novembre ha autorizzato un piano terapeutico per l’ossigeno liquido e questo ne favorirà la diffusione».

C’è secondo lei uno sbaglio nell’approccio della cura di questa malattia?

«In passato si è consigliato ai pazienti di restare a casa. Poi, quando lo stato di salute peggiora questi soggetti venivano trasportati in ospedale. Con la telemedicina potremmo, al contrario, fornire un aiuto importante nel trattare i pazienti alle prime problematiche, quando il malato avverte una lieve dispnea anche se questo virus, davvero subdolo, talvolta in alcuni casi non dà subito dispnea, ma una ipossemia silente, molto pericolosa».

E cosa bisogna fare?

«La raccomandazione è quella di controllare la saturimetria, attraverso un piccolo macchinario acquistabile in farmacia, il saturimetro che misura l’ossigenazione del sangue. Se questa scende sotto i 94, 93 c’è un impegno polmonare. Se riuscissimo quindi a ventilare e ossigenare il paziente a domicilio potremmo avere ottime risposte e decongestionare gli ospedali. Inoltre la telemedicina permetterebbe di affrontare positivamente anche l’aspetto psicosociale, perché un paziente allontanato dal suo contesto familiare e nell’impossibilità di poter vedere i propri congiunti si trova in uno stato di profonda prostrazione che noi possiamo ovviare, ove possibile naturalmente, con la telemedicina. Si tratta di un progetto che se dovesse risultare vincente verrà probabilmente applicato in tutta la Sicilia».

I malati gravi che guariscono rischiano di avere poi problemi polmonari?

«Assolutamente sì. Per questo quando si guarisce bisogna immediatamente effettuare una profilassi sanitaria perché si è visto che questa malattia può portare una fibrosi polmonare che può essere anche molto seria. Per questo è auspicabile fare la fisiokinesi terapia respiratoria che al Cannizzaro viene effettua nel reparto della dottoressa Gibellino. Occorre avviare un recupero funzionale dei polmoni ed evitare che i danni iniziali ai polmoni, che durano anche parecchi mesi dopo la guarigione, si cronicizzino».

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Pubblicato da:
Redazione
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