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I RISTORATORI SICILIANI

«Ok anche al green pass alla francese, purché non chiudano più i locali»

Il dibattito sul lasciapassare per viaggiare in aereo o in bus, ma anche per andare al ristorante e nei bar.

Di Giorgia Lodato |

Green pass obbligatorio per viaggiare in aereo o in bus, ma anche per andare al ristorante e nei bar. La proposta francese, lanciata dal presidente Macron,  potrebbe essere mutuata anche dall’Italia. Siamo alla seconda estate in tempi di Covid e nonostante il calo di casi e decessi non si può di certo cantare vittoria. Anzi, i problemi, molti problemi, restano. Le discoteche sono ancora blindate e i ristoranti combattono ogni giorno con nuove regole e disposizioni a cui adeguarsi. Green pass obbligatorio, si dice, per i clienti, ma al momento non sembra essere preso in considerazione l’obbligo, che sarebbe naturale a questo punto,  del pass  per il team che lavora tra sala e cucina. Insomma locali assolutamente Covid free sì o no? 

Cosa pensano i ristoratori siciliani? Soluzione o ulteriore ostacolo alla ripresa della normalità il green pass per accedere nei locali? 

«Sono assolutamente d'accordo anche sul gren pass per chi lavora nei ristoranti – commenta Marcello Santocchini, storico ristoratore catanese –. Il fatto che per lo staff non sia obbligatorio è un problema che per quanto mi riguarda non esiste, perché tutti i miei collaboratori, dal primo lavapiatti all'ultimo della sala, sono vaccinati. Non è stata una costrizione, le persone intelligenti comprendono perfettamente che non può essere una costrizione ma una scelta che riguarda tutti noi. Per cui, se vogliamo bene alla collettività, dobbiamo essere noi i primi a far del bene per la collettività».

Da Santocchini lo staff effettua già tutti i controlli di routine, rilevamento della temperatura e tracciamento delle persone. Insomma controlli a 360°. «Se a tutto questo dobbiamo aggiungere la visione del green pass perché no. L'importante è che noi possiamo lavorare in sicurezza e, soprattutto, che non si chiuda mai più. Perché non possiamo più sopportare di lavorare 4 mesi su 14, con dieci mesi di chiusura senza ristori».

«In linea di massima ognuno è libero di fare quello che vuole – dice Marco Leonardi, titolare del “concept store” di Catania “Punto”. È anche vero, però, che nel momento in cui decidi di non fare il vaccino per paura, principio, imposizione familiare o culturale, e poi quando ti costringono a farlo per poter accedere al ristorante o in discoteca si prenotano un milione di persone, allora ti fai due conti». 

Il vaccino, si sa, non è l'unico modo per ottenere il green pass. «Puoi tamponarti all'infinito, quindi sono d'accordo. Basta che la tua libertà non intacchi la mia possibilità di lavorare», dice Leonardi, che aggiunge: «Per quanto riguarda la non obbligatorietà per chi lavora, i lavoratori hanno una serie di precauzioni e obblighi da seguire. Dalla mascherina indossata sempre, all'interno e all'esterno del luogo di lavoro, alla sanificazione, al rapporto col cliente. All'interno dell'attività si riesce a mantenere quel livello di sicurezza che probabilmente, tra i tavoli durante l'aperitivo o in discoteca, non si ha».

Favorevole, dunque, al green pass per andare al ristorante, tendenzialmente favorevole al fatto che non per forza chi lavora deve essere vaccinato o avere la certificazione verde. «Non puoi dire a una persona “o ti vaccini o non lavori”, ma puoi dire “o ti vaccini o non vai al ristorante e in discoteca”. Altrimenti dovrebbe valere per tutti gli esercizi pubblici, dalle poste alle farmacie agli studi medici».  

Se la linea francese dovesse andare in porto, poi, bisogna capire quanti ristoranti avrebbero un calo dovuto al fatto che le persone, per principio, non andrebbero nei locali o al fatto che non sono a conoscenza delle regole. «Se arriva un tavolo di sei persone e una non è vaccinata, lo mandi a casa? Molte persone ancora entrano senza mascherina, l'idea di base è buona ma bisogna capire quanto sia effettivamente realizzabile. Anche in Francia, i risultati si vedranno fra due settimane». 

«Partendo dall’esperienza del catering – spiega Dario Pistorio, presidente regionale FIPE Confcommercio – c’è l’obbligatorietà di far accedere solo ed esclusivamente con il green pass o con le varie certificazioni inerenti alla situazione Covid. E spesso abbiamo problemi, perché la gente non vuole farsi il tampone o ha fatto solo una dose di vaccino. La situazione non è chiara e c’è molta confusione. Il primo passo, quindi, sarebbe chiarire cosa devono fare le persone».

«I dati siciliani – continua Pistorio – parlano di una persona su cinque che ha fatto il vaccino ed è un grande problema per chi vuole accedere al ristorante. Ci sono troppi ritardi, dovuti al fatto che le persone non si vogliono vaccinare o per mille altri motivi. Questa direttiva potrebbe dare un'accelerata a chi non vuole fare il vaccino o sta rimandando e darci un'apertura maggiore in vista dell'autunno, se consentiranno ai ristoranti di restare aperti anche con un’eventuale zona arancione o rossa. Ma se deve perdurare la problematica delle chiusure, diventa una difficoltà ancora maggiore. Ci si potrebbe allineare alla Francia, dunque, se questa soluzione servisse a bypassare il problema dei colori e consentirci di lavorare in serenità». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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