CATANIA – Gialla o arancione? Adesso la cosa più importante è capire dove la Sicilia sarà collocata nella gradazione dell’emergenza Covid. I colori, compreso il rosso (che corrisponde al rischio più alto, il cosiddetto “scenario 4”, una situazione di «massima gravità», a cui sembrano ormai destinate Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria), sono una semplificazione, perché negli atti ufficiali non se ne fa cenno. Ma servono a capirci meglio.
Partiamo dal verdetto. Che è ancora in bilico: la Sicilia è talmente al limite dei parametri dello “scenario 2” (il giallo, con regole meno restrittive) da essere di fatto assimilata già allo “scenario 3” (arancione), quello «di elevata gravità» che, in base al Dpcm firmato nella notte prevede misure molto più severe. Ed è una scelta delicatissima – che sarà assunta con un decreto del ministro della Salute, Roberto Speranza, «d’intesa» con il governatore Nello Musumeci – poiché riguarda la vita di cinque milioni di siciliani, oltre che la mobilità extra-regionale, nel prossimo mese.
Una scelta che sarà basata sui 21 parametri dell’Istituto superiore di Sanità, comprendenti l’indice di trasmissibilità Rt (in Sicilia l’ultimo dato utile, relativo alla scorsa settimana, è di 1.42, sotto la soglia d’allerta dell’1.50 e distante da regioni che hanno già sforato quota 2), ma anche l’«incidenza dei casi e gravità cliniche elevate», con «pressione sostenuta per i dipartimenti di prevenzione e i servizi assistenziali», in cui un peso importante ha il tasso di occupazione dei posti in rianimazione, che nell’Isola è oggi è al 25,5% (150 su 588), al di sotto del 30% (176 ricoverati) fissato come limite di guardia.
In base a tutti i criteri la Sicilia è sul filo fra il giallo e l’arancione. Ma da Roma arriva un orientamento che collocherebbe l’Isola al livello più alto fra i due. Al ministero degli Affari regionali si sono riservati la risposta su una delle osservazioni delle Regioni: «Destano forti perplessità e preoccupazione le disposizioni che comprimono ed esautorano il ruolo e i compiti delle Regioni e delle Province autonome, ponendo in capo al Governo ogni scelta e decisione sulla base delle valutazioni svolte dagli organismi tecnici». Secondo la Conferenza delle Regioni è «indispensabile instaurare un contraddittorio per l’esame dei dati con i dipartimenti di prevenzione dei servizi sanitari regionali prima della adozione degli elenchi» delle aree a rischio. Richiesta che è stata in parte accettata nella lunga notte di trattative.
Il rating dei tecnici dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza, colloca la Sicilia ancora nella fascia di rischio meno grave. Ma l’orientamento del governo, come confermano fonti di ministero della Salute e Iss, è di inserire l’Isola «prudenzialmente», anche dopo un confronto informale col governo regionale, nello “scenario 3” colorato d’arancione. La decisione finale sarà assunta oggi entro il pomeriggio. Per avere un quadro preciso delle zone rosse e quindi dei territori a rischio lockdown si dovranno attendere i dati dell’Istituto superiore di sanità previsti per oggi.
Sarà quindi tramite l’incrocio determinato da Rt e l’indice di rischio di ciascuna realtà regionale, definito dai 21 parametri stabiliti dal ministero della Salute, che verrà stilato l’elenco delle regioni in zona rossa, zona arancione e zona gialla.
E non sarà una scelta indolore. Perché se restassero in giallo i cittadini siciliani dovrebbero sottostare soltanto alle misure del Dpcm valide per tutta Italia (e già di fatto quasi tutte anticipate di 15 giorni, con qualche piccola differenza, dall’ultima ordinanza di Musumeci): il coprifuoco alle 22, la chiusura dei centri centri commerciali nel weekend, lo stop a musei e mostre, la riduzione dall’80% al 50% della capienza sui mezzi pubblici locali, la didattica a distanza al 100% solo per gli studenti delle superiori, la chiusura dei corner di giochi e scommesse.
Se invece la Sicilia dovesse essere classificata – così come al momento sembra più probabile – come zona arancione, scatterebbe un’ulteriore stretta. Con queste misure: vietato ogni spostamento, in entrata e in uscita, dalla regione (salvo che per comprovate esigenze di lavoro, salute e urgenza), consentiti gli spostamenti strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza nei limiti in cui la stessa è consentita, e comunque il rientro nel proprio domicilio o nella propria residenza; vietato ogni spostamento in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel proprio comune; sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), escluse mense e catering, consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio. Di fatto, con il ritorno pure dell’autocertificazione, sarebbe un quasi-lockdown. Rispetto alle zone rosse, alla Sicilia sarebbero risparmiate, fra le altre misure, l’obbligo di circolazione all’interno del proprio comune, la sospensione di tutte le attività sportive.
Qualsiasi provvedimento, comunque, sarà valutato con cadenza settimanale, ma avrà la durata minima di 15 giorni: se, per intenderci, domani la Sicilia dovesse entrare in zona arancione ci resterebbe almeno fino al 19 novembre. Il meccanismo è “semiautomatico”, nel senso che ogni regione si collocherà in uno scenario in base a criteri oggettivi. Ma ci sarà un delta di flessibilità concesso al ministro della Salute, che potrà adottare ordinanze d’intesa con il governatore per prevedere «l’esenzione dell’applicazione di una o più misure» restrittive, anche in «specifiche parti del territorio regionale».
Twitter: @MarioBarresi