«Non passare da quella via, è a rischio contagio» Con un’app possibile evitare luoghi “infettati”

Di Redazione / 16 Aprile 2020


CATANIA. Un “apri e chiudi” altalenante fra periodi di quarantena, almeno fino a quando non sarà disponibile un vaccino contro il coronavirus. E tutto questo, ipoteticamente, per circa un anno. «Non lo dico io, è quello che succederà secondo autorevoli studi internazionali a partire dal Mit (Istituto di tecnologia del Massachusetts, una delle più importanti università di ricerca del mondo ndr)».

Giuseppe Signorelli, è catanese, ha 26 anni, è un economista esperto di innovazione e vive a Milano da sei dov’è titolare di una start up innovativa che si occupa di sviluppo di sistemi in realtà virtuale e “aumentata”.
Con il lavoro “congelato” e l’emergenza sanitaria in corso, la sua società ha messo a punto un sistema che si chiama “Singula” (in latino “individuo”, ma anche alla base del verbo individuare”) che potrebbe entrare a far parte nell’immediato futuro, della nostra quotidiana convivenza con il coronavirus. Si tratta di un genere di App “modello Corea” che serve a tracciare, a tracciarci, negli spostamenti.

Come funziona?
«Il primo step è l’identificazione personale attraverso il codice fiscale. L’applicazione ogni 30 minuti fa un “recording” della posizione dell’utente utilizzando il gps dello smartphone e salva il dato in un database interno accessibile esclusivamente attraverso lo smartphone del proprietario. L’app registra 48 posizioni giornaliere e le conserva per un arco di tempo di 14 giorni. L’obiettivo è isolare il Covid-19 isolandone i portatori. Faccio un esempio: nell’ipotesi che si aumentino i tamponi rilevando i luoghi dai quali sono passati i cittadini “tamponati”, si potrebbe arrivare più velocemente a capire chi siano i contagiati, quali luoghi abbiano frequentato e, incrociando i dati con quelli delle persone con le quali sono venuti a contatto, tracciare una sorta di “percorso” del virus, perché siamo noi che lo “portiamo” in giro».

Ma dovrebbero scaricarla tutti…
«È chiaro che l’efficacia del sistema è direttamente proporzionale al numero delle persone che utilizzeranno l’app, se sarà solo il 10% della popolazione non serve a molto».

Poniamo che io l’abbia scaricata, poi che faccio?
«Ogni utente avrà a disposizione una mappa sul proprio smartphone che geolocalizza le zone rosse a rischio. La persona, quindi, potrà decidere di non andare in quel luogo classificato come zona rossa contribuendo così ad accelerare i tempi della strategia del contenimento».

Secondo lei, verrà applicato in Italia questo sistema?
«Finché siamo tutti a casa è inutile tracciare le persone, ma nel momento in cui il Governo deciderà di dare la possibilità alla gente di tornare a lavorare, di uscire, è chiaro che non potrà essere tutto come prima, altrimenti saremmo punto e a capo. Serviranno quindi dei sistemi di tipo sanitario (per esempio le mascherine), il mantenimento del distanziamento sociale, ma anche dei sistemi di tipo digitale. Se non si traccia il virus attraverso la raccolta dei dati individuali i tempi saranno molto più lunghi. Sono pronto a mettere la mano sul fuoco che da qui a un paio di settimane uscirà fuori un’App italiana di questo tipo, così come verrà fatto negli Usa, in Gran Bretagna o in Francia, ogni Paese avrà la sua app. Il ministero dell’Innovazione ha già fatto un bando internazionale al quale abbiamo partecipato anche noi, unica start up in Sicilia».

Ci studiavate già per altri motivi o è un “prodotto” da coronavirus?
«In realtà noi non abbiamo fatto niente di speciale, abbiamo “copiato” sistemi già adottati, in Cina, Corea o Singapore. Sistemi di tracciamento e di posizionamento delle persone, portatori certificati del virus e non. In Cina l’hanno ci sono dei sistemi il Wechat (il whatsApp cinese) che serve non solo a messaggiare ma anche a ordinare la pizza, prenotare un appuntamento dal medico o altre attività di carattere istituzionale-governativo. Tramite Wechat è stato installato dal governo un sistema di tracciamento a prescindere dal volere della persona e, tramite questa installazione, loro riuscivano a tracciare il movimento, quindi il comportamento dei cinesi, nel Paese o fuori. In questo modo si può conoscere esattamente dove si trovavano le persone infette e dove quelle sane. Nel momento in cui un infetto entrava in contatto in un raggio da 3 a 5 metri con una persona sana, in base allo scarto che il gps è in grado di rilevare, si può stimare la probabilità di contagio».

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