L’infettivologo: «Così in Sicilia il lockdown totale è l’unica scelta»

Di Antonio Fiasconaro / 16 Dicembre 2020

Il lockdown sarebbe l’unica scelta per evitare ancora altri tristi primati, non solo l’aumento di nuovi contagiati ma quello delle vittime: nelle ’ultime 24 ore altre 31 e il cui bilancio provvisorio ha superato di ben oltre i 2000 casi (2.030 per l’esattezza).

E ciò che pensa Massimo Enzo Farinella (nella foto), direttore dell’unità operativa di Malattie infettive e tropicali dell’azienda ospedaliera “Villa Sofia-Cervello” di Palermo e componente del Comitato tecnico scientifico della Regione ed uno degli esperti che affianca a Palermo anche il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Renato Costa.

«Da un punto di vista sanitario sarebbe l’unica scelta – afferma – l’unico modo per non vanificare tutti gli sforzi fatti finora. Se riuscissimo a contenere il “liberi tutti” di questi dieci giorni potremmo contenere anche la diffusione del virus».

A preoccupare fortemente l’infettivologo palermitano è anche la sensazione che la gente non si renda conto del pericolo.

«C’è una netta divaricazione tra la percezione da parte dei medici o dei familiari di chi è ricoverato con il Covid o, peggio, ha perso qualcuno in questa pandemia e chi non ha avuto un contatto diretto con questo virus – sottolinea ad Andnkronos – Servirebbe maggiore consapevolezza e più disciplina».

Tutti gli esperti: infettivologi, virologi, pneumologi ed anestesisti rianimatori sono consapevoli che perdurando questo momento di assoluta rilassatezza di decine di migliaia di siciliana con il fantasma di una terza terribile ondata in attesa dietro l’angolo, portando con sé altre vittime, altri pazienti ricoverati in terapia intensiva, altri positivi e altri ancora in isolamento.

«Tutto sta nei numeri – aggiunge Farinella – rispetto a febbraio la rete siciliana è stata implementata, sono stati aperti nuovi posti, solo all’ospedale Cervello di Palermo un intero padiglione con oltre 100 posti letto è stato riconvertito per il Covid, ci sono le Usca. Sono stati fatti tanti sforzi e ritengo che sarà possibile fronteggiare un aumento dei contagi. Attenzione però: è un equilibrio fragile. In questo momento siamo in una situazione di equilibrio, non c’è pressione sulle terapie intensive, ma le cose non accadono per caso. Dobbiamo affrontare questo virus con i mezzi che abbiamo al momento, senza favoleggiare su vaccini che comunque avranno bisogno di mesi per garantire una copertura della popolazione».

Ma l’esperto va ben oltre e aggiunge affermando a suo dire che «questa identificazione di una prima, una seconda e ora una terza ondata è artificiosa perché il flusso epidemico non si è mai arrestato. Ci sono state picchi di contagi, la pausa estiva in cui si è ritenuto di poter riaprire e poi un nuovo aumento, soprattutto per le aree del sud che nel periodo del lockdown avevano contenuto i contagi e a settembre hanno dovuto fare i conti con una ripresa dei casi epidemici. Ma il virus è sempre presente e questo purtroppo la gente tende a dimenticarlo».

Ed ancora : «Un equilibrio fragile in cui il rispetto delle misure di prevenzione e l’autodisciplina sono l’unica vera arma per combattere una nuova ondata di contagi. Il rischio è che si riproduca la condizione di violazione delle procedure di sicurezza, che le riaperture vengano interpretate come un “è tutto finito”, ma non è così. Lavarsi le mani, usare la mascherina, evitare assembramenti e il distanziamento sembrano banalità ma sono le uniche armi che abbiamo per contenere la diffusione del Covid che senza un irrigidimento dei controlli sarà inevitabile. Controlli che però sono difficili. Impossibile mettere l’esercito davanti ad ogni negozio o in ogni strada».

Ed infine un aspetto che riguarda il numero elevato di contagi che si contano ogni giorno nella provincia di Catania rispetto al resto dell’Isola.

«I catanesi non sono più incoscienti rispetto ai palermitani o ai messinesi o ad altri siciliani – sottolinea – il virus è uguale per tutti ma c’è però una aumentata circolazione anche perché c’è un afflusso di persone in entrata e in uscita, soprattutto in aeroporto, superiore rispetto ad un polo non industriale che non è né Palermo o Messina. Catania e la sua provincia sono la culla del polo industriale in Sicilia, quindi ci sono maggiori movimenti».

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Pubblicato da:
Redazione
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