L’audio shock del dirigente generale dell’assessorato alla Salute, il racconto di quelle ore concitate

Di Mario Barresi / 21 Novembre 2020

Catania. «Buongiorno, ragazzi!». Sono le 9,30 in punto del giorno del giudizio. Il 4 novembre scorso. Nella notte appena trascorsa, infatti, Giuseppe Conte ha firmato il Dpcm per arginare la seconda ondata del Covid. E il ministro Roberto Speranza sta lavorando all’ordinanza sull’Italia-Arlecchino: colori diversi in base al rischio di contagio. Rossa, arancione o gialla? La Sicilia s’interroga. E teme il verdetto di Roma, che dovrà arrivare in giornata.

«Buongiorno, ragazzi!». Mario La Rocca, il super burocrate al vertice dell’assessorato regionale alla Salute, invia un audio nella chat con tutti i manager di Asp e ospedali dell’Isola. Uno strumento social di lavoro, un gruppo con un nome goliardico – “Avengers”, con tanto di simbolo dei fumetti Marvel – per esorcizzare la responsabilità di gestire la sanità siciliana, tanto più nel pieno della pandemia. L’argomento della mattinata, delicatissimo, è l’aggiornamento dei dati sulla capienza di terapie intensive e reparti Covid. E La Rocca, dirigente generale del dipartimento Pianificazione strategica, sembra essere più che convinto che da questi numeri, due dei 21 indicatori della classificazione del rischio, dipenda il destino colorato della Sicilia.
«Buongiorno, ragazzi!». Il messaggio vocale, dopo il confidenziale saluto ai direttori generali, va subito al sodo. «Noto con dispiacere – esordisce La Rocca – che ci sono una ventina di posti letto di terapia intensiva in meno e 220 posti letto ordinari in meno di quelli che ipotizzavamo». Poi, nello sferzarli, fornisce una scappatoia agli interlocutori: «Spero che ci sia qualche errore di caricamento su Cross (la piattaforma nazionale della Protezione civile, ndr) da parte di qualcuno, che vi invito a correggere immediatamente». Anche perché, incalza, «stasera c’è la valutazione sulla zona rossa. E da alcuni rumors sembrerebbe che la Sicilia abbia perso la posizione di zona verde e venga classificata come arancione». E quindi comincia a caricare di responsabilità di chi deve aggiornare quei dati è grande: «Non credo che sia utile, o bello, o conveniente, perdere una situazione comunque di sicurezza anche economica perché qualcuno ha sbagliato a caricare su Cross i propri posti letto».

Fin qui sembra soltanto un invito, seppur pressante, ad accelerare senza sbagliare. Ma al primo messaggio di La Rocca, tranne il direttore generale di un’Asp con la sbrigativa emoticon del pollice alzato, non risponde nessuno. E quindi il super-burocrate torna alla carica, alle 10,36. Con un secondo audio in chat. Molto più esplicito. «Oggi su Cross dev’essere calato tutto il primo step al 15 novembre. Non sento cazzi, perché oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto di terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede». Il «primo step» a cui si riferisce il dirigente è quello fissato nel piano dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza: 272 posti in terapia intensiva e 1.536 di degenza ordinaria, tutti dedicati al Covid. E in effetti, fino a quel momento, la Sicilia è davvero in ritardo. Secondo i dati su Gecos, il portale regionale di Protezione civile collegato al sistema nazionale, l’annunciato potenziamento delle rianimazioni prosegue a ritmo di lumaca: dal l 20 e al 28 ottobre si passa da 172 a 177 posti; più significativa (da 759 a 998) la crescita nei reparti. Comunque molto al di sotto dei desiderata della Regione.

E quindi il dirigente dell’assessorato ne fa una questione di principio: «Non è accettabile che noi si subisca ulteriori restrizioni perché c’è resistenza da parte di qualcuno ad aprire posti letto di terapia intensiva o ordinari. Sono a casa, da tre settimane col Covid, ed è da tre settimane che vi prego di aprire posti». Segue l’affondo con venature minacciose: «Appena stasera ci chiudono, ovviamente l’assessore andrà a controllare chi ha calato su Gecos che cosa. E quello che non c’è su Gecos e su Cross, rispetto al primo step del 15 novembre, sarà responsabile di quello che la Sicilia subirà in termini di restrizioni. È una responsabilità che vi prego di non assumervi. Quindi la cortesia è fare calare tutto lo step previsto al 15 novembre già da stamattina su Gecos. Perché stasera – è la diffida finale – si conteranno i morti e i feriti…». Segue un sms con un francesismo tipico delle partecipazioni di nozze: «Rsvp», répondez s’il vous plaît.

E le risposte affermative, a questo punto, fioccano.

Cosa voleva dire La Rocca? Cosa teme di non trovare, la sera, sul database? E il piano del 15 novembre che chiede di «calare» corrisponde all’effettiva disponibilità di posti in quel momento? Riascoltando più volte l’audio, il tono è piuttosto aggressivo. Ma da qui a ipotizzare che il suo fosse un invito a non comunicare dati veri ce ne passa. Qualcuno, però, fra i destinatari, non l’ha presa bene. «Mi è sembrato un pressing indebito – si sfoga il manager di un’azienda ospedaliera, patteggiando l’anonimato – perché il mancato caricamento dei posti non è mai un capriccio, ma spesso una scelta obbligatoria. Una rianimazione non si fa con un letto e un ventilatore, ma ci vogliono spazi e soprattutto risorse umane».

Analoga riflessione ci confida un manager di un’Asp: «Ci sono i grandi ospedali metropolitani con tanti anestesisti ma senza posti e le piccole strutture che i posti vorrebbero attivarli, ma non hanno gli anestesisti». Entrambi giurano di aver inserito dati veritieri, così come un infermiere che riveste il ruolo di “bed manager” in un ospedale della Sicilia occidentale: «Io guadagno 1.800 euro al mese e carico i posti che ci sono, non quelli che vorrebbero ci fossero». Al di là dell’auto-assoluzione generale, uno degli “Avengers” della sanità siciliana nutre il beneficio del dubbio: «Stiamo affrontando con grande serietà questi mesi difficili, ma non escludo che qualcuno, più realista del re, potrebbe eccedere in ottimismo per farsi bello con i vertici dell’assessorato».

Cos’è successo davvero in quella convulsa giornata, scandita dal terrore di una Sicilia in rosso? L’assessore Razza, nella conferenza stampa del 5 novembre (il giorno dopo degli audio del dirigente), sembra sinceramente fiducioso: «Una parte significativa dei posti dei posti letto di cui abbiamo parlato ieri sul primo step sono già tutti attivi oggi. Quindi vi posso dire che il primo step, quello che prevedevamo entro il 15 novembre, è essenzialmente già attivato».

La Rocca, nell’affannosa richiesta di ufficializzare i posti letto, non sa ancora (perché nessuno gliel’ha detto e a Roma il caos regna sovrano) che l’ordinanza di Speranza non si baserà sull’aggiornamento al 4 novembre. La Sicilia, infatti, diventerà arancione per il contenuto dell’ultimo report utile dell’Istituto superiore di Sanità, con dati raccolti fra il 19 e il 25 ottobre, aggiornati al 30. In questo contesto, ad esempio, la saturazione delle degenze ordinarie è ancora al 19%, distante dalla soglia d’allerta del 40%. Ma il tasso di occupazione delle terapie intensive è al 25,5%, prossimo al limite del 30%. E il numero di letti su cui l’Iss fa il calcolo è 588 (418 in rete prima, più 170 attivati dopo lo scoppio della pandemia), di cui 150 occupati. I 272 “solo Covid” del «primo step» della Regione, dunque, sono lontani. Così come non incidono ancora i numeri caricati nel frattempo dai manager sanitari siciliani. Che, comunque, si danno un gran da fare nel trovare letti dedicati ai contagiati. Su Gecos, dai 177 in rianimazione e 998 in reparto censiti a fine ottobre, si passa rispettivamente a 340 e 1.899 dell’11 novembre, una settimana dopo la strigliata di La Rocca. Una crescita non indifferente, di cui il governo nazionale non può non tenere conto.

Nei successivi monitoraggi, infatti, il tasso di saturazione regge anche a fronte del boom di ricoveri. Già ai primi di novembre, in una sintesi firmata dal presidente di Iss, Silvio Brusaferro, i posti siciliani di rianimazione sono 665. di cui 247 nuovi. Una “curva” in continua ascesa. Fino ai dati ufficiali diffusi ieri dal ministero: oltre a 4.146 letti di degenza ordinaria (il 37,1% occupato da 1.537 ricoverati), sono 817 posti in terapia intensiva (gli stessi dell’ultimo aggiornamento dell’assessorato di un paio di giorni fa), di cui 399 creati per il Covid. E nel report di Agenas, di ieri pomeriggio, i posti sono addirittura di più: 1.031, con l’Isola al secondo posto in Italia per minor tasso di occupazione (23%).

C’è da fidarsi di questi dati? Sì, fino a prova contraria. Perché nemmeno i freddi numeri – che raccontano una progressiva impennata della disponibilità di posti in Sicilia dopo lo spauracchio della zona rossa, con in mezzo l’audio-shock di La Rocca – possono dimostrare alcunché. Ma c’è chi non si fida. Come il Cimo, sindacato dei medici ospedalieri, che con i suoi associati ha censito, reparto per reparto, i posti disponibili. «I dati forniti ai media dall’assessorato – sostiene il vicesegretario Angelo Collodoro – danno una fotografia delle terapie intensiva in Sicilia che stride con la realtà che si registra sul campo. I dati non sono reali, ci sono 210 posti in meno degli 817 sbandierati dalla Regione». E poi, aggiunge il sindacalista, «sarebbe interessante sapere dall’Assessorato con quali medici rianimatori e con quali infermieri pensano di fare funzionare questi posti letto “programmati” ma non attivi».

Analoghe perplessità starebbero emergendo in un monitoraggio sul campo curato dal comparto Medici della Fp-Cgil regionale. Con una «chiara differenza fra posti teorici e reali» e risultati molto vicini a quelli del Cimo. E un caso limite: nel Covid-hospital di Petralia Sottana, fino a qualche giorno fa, c’erano soltanto 10 dei 50 posti di degenza ufficializzati. E nessuno dei dieci di terapia intensiva che risultano attivi.

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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