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L’andamento del virus in Sicilia, l’infettivologo: «Eravamo quasi fuori, ora sono preoccupato»

Di Giuseppe Bonaccorsi |

Professore Bruno Cacopardo i casi stanno aumentando e ieri la Sicilia ha superato anche la Lombardia. Catania è la città dove si registrano maggiori positivi. Ma allora, dove abbiamo sbagliato?

«C’è un lassismo evidente dei cittadini che ormai sono convinti che il virus non esista più – risponde il primario del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Garibaldi -. Qualche giorno fa transitando da un paese dell’Etna mi sono imbattuto in una festa patronale con uan chiesa gremita di fedeli e tanta gente, moltissima, senza mascherina. E basta fare un giro in città per rendersi conto che non esistono ormai distanziamento e rispetto delle regole. Forse tutto ciò è causato anche dall’aspetto ludico dei siciliani che dopo il lockdown vogliono vivere l’estate senza pensare ad altro. Tra i punti poi più importanti il disinteresse dei giovani che hanno mollato mentre, al contrario, nel lockdown si erano comportanti molto bene. E adesso fanno movida e assembramenti senza osservare le tre regole d’oro: indossare le mascherine, adottare il distanziamento e lavarsi le mani. Con queste tre regole avremmo potuto contenere il virus. Devo dire che in questo momento anche le autorità avrebbero dovuto ricordarsi che bisognava prendere provvedimenti più decisi».

Che idea si è fatta della situazione catanese?

«Guardo la situazione catanese e in generale quella siciliana con un certo timore. Devo dirle la verità. A giugno c’erano tutti i presupposti per arrivare entro l’estate a incidenza di casi zero. Dovevamo mantenere stabile quella situazione, con una serie di provvedimenti, per arrivare a neutralizzare la circolazione del virus evitando un possibile ritorno in autunno».

E invece professore, tutto l’opposto…

«Purtroppo al momento si va avanti a suon di focolai, a Catania preoccupa e si sta muovendo ancora quello riconducibile alla festa all’Afrobar con il quinto caso accertato ieri al Garibaldi. C’è anche un grosso movimento di genitori che stanno chiedendo tamponi a destra e a manca. Insomma, non siamo riusciti a contenere il virus e anzi stiamo riuscendo a creare un piccolo evento epidemico non dell’entità di quello di aprile, ma a mio avviso meritevole d’attenzione».

Si è fatta una idea dello scenario che ci attende?

«Allora, o questa risalita di casi si farà più forte, perché verranno meno i fattori di protezione dell’estate – come i raggi ultravioletti e il caldo – ma mi auguro che non si tratti di una risalita importante, perché potremmo ritrovarci in difficoltà e tutto ciò potrebbe coincidere con i primi malanni parainfluenzali, mandando in tilt i nostri ospedali. Oppure, seconda ipotesi, il virus manterrà una sua linearità e non continuerà a salire, con pochi casi giornalieri, dei quali solo 2,3 meritevoli di attenzioni ospedaliere. Questo è un processo che prende il nome di endemizzazione, cioè non si crea una epidemia ma una circolazione a bassi livelli sul territorio. Speriamo in questa seconda possibilità».

Si ha l’impressione rispetto al passato che i casi aumentino, ma in ospedale non ci finisce quasi nessuno… Come se se lo spiega?

«In questo momento al San Marco ci sono oltre 25 ricoverati e tre-quattro in rianimazione. Se si fa un calcolo in percentuale, su una trentina di casi un 10% di questi va in rianimazione. Quindi siamo davanti a una percentuale non bassa, ma rilevante al punto che non mi pare si possa dire che il Covid è più bonaccione. Forse la minore virulenza è perché l’età media delle persone colpite si è abbassata. Oggi sono prevalentemente i giovani la fascia d’età più coinvolta».

Al pronto soccorso del Garibaldi, ospedale in cui lei lavora, alcune sere fa è risultato positivo un cittadino americano. Si tratterebbe di un manutentore della vicina base di Sigonella. Cosa ne pensa?

«Direi “peggio mi sento”, perché il cittadino straniero alloggiava in uno degli hotel del centro cittadino e adesso si dovranno fare delle verifiche… Speriamo bene perché ancora negli Stati Uniti in virus sta provocando molte vittime e non appare affatto in ritirata».

Gli ospedali catanesi si stanno preparando a un possibile aumento consistente dei casi da ricoverare?

«Certamente. Io sono in stretto contatto con i responsabili del San Marco e temo che se l’andamento di ricoveri perdurerà allora anche il Garibaldi tornerà ad essere centro Covid. Temo che tutto ciò possa verificarsi entro agosto».

Professore, hanno riferito che lei non fa più parte dei comitato tecnico scientifico della Regione. Perché?

«Ho appreso che il mandato del comitato scadeva entro luglio e quindi nei fatti al momento l’organismo è scaduto. Ora non so dirle cosa accadrà…».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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