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L'INTERVENTO

La virologa catanese Claudia Torrisi: «Cambiare strategia per il monitoraggio dell’epidemia di Covid-19»

Di Fabio Russello |

Egregio Direttore,sono una Vostra attenta lettrice e vorrei, innanzitutto, ringraziarVi per la sensibilità e la puntualità dimostrata nella trattazione dell’emergenza che sta caratterizzando la vita di tutti noi in questo ultimo periodo.Le scrivo in merito a quanto in intestazione, premettendo che sono un medico, specializzata in Microbiologia e Virologia e che da circa due decenni sono giornalmente impegnata sul campo rivestendo il ruolo di Direttore Tecnico di uno dei primari Consorzi di Laboratori accreditati con il Sistema Sanitario Regionale, con diversi punti di accesso dislocati nella provincia catanese.

Ritengo che il mio sia un osservatorio privilegiato sul sentire comune dal momento che, ogni giorno, riceviamo centinaia di pazienti, per lo più cittadini catanesi e della provincia.

Come può facilmente immaginare da oltre un mese riceviamo giornalmente decine di telefonate da parte di pazienti che vorrebbero effettuare il test per la diagnosi di infezione da coronavirus (Sars-CoV-2) e, in ossequio alla normativa vigente e alle indicazioni dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, rispondiamo che non possiamo effettuare il test, che non devono venire da noi, né recarsi presso gli ospedali, ma esclusivamente chiamare i numeri deputati (1500, 112, 118 e 800458787).

Ancor più difficile è dover rispondere negativamente alle centinaia di colleghi che giornalmente sono impegnati in prima linea, a tutto il personale sanitario, a tutti i rappresentanti delle forze dell’ordine ed a tutte quelle categorie a cui dobbiamo essere grati e riconoscenti perché continuano a lavorare per tutti noi, pur essendo esposti giornalmente ai rischi del contagio e che, ad oggi, non possono effettuare alcun tipo di test!

Ci stiamo attenendo scrupolosamente a quanto sopra nonostante un senso di impotenza nel poter essere di aiuto ai nostri pazienti e di supporto alla sanità pubblica, nonostante le fughe in avanti di qualche collega che sta effettuando il test anticorpale pur in assenza di autorizzazione alcuna e nonostante alcuni truffatori stiano approfittando della situazione effettuando i tamponi in maniera assolutamente criminale (è della settimana scorsa la notizia della chiusura di un laboratorio non autorizzato e della conseguente denuncia della titolare).

La situazione sopra esposta impone a tutti noi, parti in causa, un costante aggiornamento ed alcune riflessioni sulle scelte strategiche fatte da chi ci governa, che, fatalmente, si riverberano sulla vita di tutti.

Ritengo che fondamentali, in tal senso, dovrebbero essere le esperienze dei paesi che ci hanno preceduto e sembrano aver rallentato, se non del tutto arrestato, la propagazione del virus – Cina e Corea del Sud su tutti –.Tale analisi deve necessariamente prendere spunto dai numeri che tristemente vengono comunicati con cadenza giornaliera dalla Protezione Civile.

Da una fredda analisi di detti numeri sembrerebbe che il tasso di mortalità in Italia sia ampiamente più elevato rispetto a tutti gli altri paesi anche a parità, o quasi, di tamponi effettuati.

Ciò certamente dipende dal fatto che in Italia si considerano deceduti a causa del coronavirus tutti i deceduti positivi al virus, mentre negli altri paesi si indicano diverse cause di morte per i pazienti, la maggior parte, con patologie in atto al momento del decesso che, certamente aggravate dal virus, li hanno portati al decesso stesso.

Altra considerazione è quella che in Italia si effettua il tampone solo sui malati sintomatici, da qualche giorno in Lombardia anche monosintomatici, e tra questi ce ne sono anche tanti arrivati in ritardo al risultato del tampone e, quindi, in condizioni critiche.

Purtroppo, tale situazione non è una scelta di alcuno, ma dettata da situazioni contingenti come il fatto che le strutture, al momento solo pubbliche, che effettuano il tampone sono poche e, come si legge, spesso hanno difficoltà di approvvigionamento dei kit per l’esecuzione delle analisi.

Qualche giorno fa l’Assessorato Regionale alla Salute ha pubblicato una manifestazione di interesse per i soggetti privati accreditati per supportare i laboratori pubblici nell’esecuzione dei tamponi. L’allegato tecnico riportava, di fatto, non solo una specifica tecnologia (RT-PCR), che è sicuramente l’unica metodica che ci permette di trovare il genoma virale, ma alcune specifiche tecniche che di fatto identificavano una specifica apparecchiatura di una, ed una sola, casa produttrice, di fatto escludendo la stragrande maggioranza di laboratori che avrebbero potuto essere di supporto a tale attività.

Nonostante ciò, lungi da me l’idea di sollevare alcuna polemica – è il momento di restare uniti fattivamente e non solo nelle dichiarazioni – ed anzi proprio nello spirito di una fattiva sinergia pubblico-privato, dopo essermi consultata con i tanti amici medici impegnati giornalmente in questa guerra e dopo aver letto le dichiarazioni di alcuni dei maggiori virologi in campo nazionale ho ritenuto di scriverLe la presente nella speranza di poter dare un contributo.

IL RUOLO DEGLI ASINTOMATICI (contagiosi)

A mio avviso, sulla scorta di tutto quanto sopra riportato, la strategia dovrebbe prevedere due livelli di intervento: invece di continuare a fare (pochi) tamponi per scoprire chi, presentando sintomi, è positivo al Covid-19, sposerei la proposta scientifica che prevede di puntare piuttosto su più semplici screening che rilevano gli anticorpi e scoprono chi è positivo pur essendo asintomatico, ma potendo diffondere il virus (oggi non intercettabili in alcun modo), e chi si è già immunizzato pur non avendo sintomi rilevanti. Imponendo i tamponi solo per validare le positività al test anticorpale.

Tali test sono validati a livello internazionale (ad esempio dalla Food and Drug Administration americana) ed ampiamente utilizzati in Cina, Corea del Sud ed oggi negli Stati Uniti.

Si tratta, secondo l’ex direttore del Policlinico di Milano, il professor Ferruccio Bonini, di adottare una diversa strategia di screening del Covid-19 che punti a trovare coloro che sono già immuni pur non avendo avuto i sintomi della malattia permettendo a una parte delle attività collettive di riprendere prima che l’economia subisca danni irreparabili.

Assieme alla direttrice dell’UO di Epatologia, centro di riferimento della Regione Toscana per le malattie croniche e il tumore del fegato, Maurizia Brunetto, Bonini ha realizzato uno studio in proposito e lo ha illustrato all’AGI. Emerge che nel caso del nuovo coronavirus, il 60-75% dei pazienti è positivo per 9 giorni dal contagio. Dopo il nono giorno, solo il 40-50% dei pazienti rimane positivo. 

“I dati scientifici pubblicati e ripetutamente confermati dai colleghi cinesi che hanno sperimentato e studiato l’infezione per primi, confermano anche per l’infezione da Sars-Cov-2 la validità di test molecolari per valutare la positività degli anticorpi, come accade per i virus HIV e HCV che circolano nel sangue – ha spiegato all’AGI – Il fatto che nonostante la disponibilità di test anticorpali di comprovata sensibilità tali test non siano usati per lo screening di prima battuta è un errore”. 

“La procedura del test tramite tampone”, osserva Bonino, “è gravata dal rischio di errore di campionamento fino al 20%, sicuramente molto più alto della probabilità di trovare un malato ancora negativo per l’anticorpo anti-Sars-Cov-2”.Secondo lo scienziato, la cui carriera si è soprattutto concentrata su virus che colpiscono il fegato e la ricerca dei relativi vaccini, “il test anticorpale è molto meno costoso e potrebbe essere effettuato anche in laboratori periferici, per la semplicità della procedura e della strumentazione richiesta” – sarebbe sufficiente un semplice prelievo di sangue -. “La sua caratteristica, in seconda battuta, è che tale test dovrebbe essere fatto per sapere se un positivo per anticorpo ha un’infezione attiva o è immunizzato dopo avere avuto una infezione asintomatica.”

I tamponi potrebbero essere effettuati come test di secondo livello esclusivamente sui positivi alle IGM dei test anticorpali.

Tale strategia di doppio livello permetterebbe di effettuare un vero e proprio screening su una fascia molto più ampia di popolazione. (e si potrebbe partire proprio dai quei soggetti che si sono ammalati e sono già guariti in modo da valutare la presenza degli anticorpi e se questa è duratura o passeggera)

Ciò verificherebbe il livello di infezione e immunità effettivo nella popolazione.Dato indispensabile da un lato per minimizzare i contagi con la quarantena obbligatoria anche per i positivi asintomatici e dall’altro per una strategia di intervento molto più efficace e anche tranquillizzante perché almeno il 10-15% della popolazione dovrebbe essere già immune e protetta e lavorare per far ripartire l’economia.

Già oggi i principali laboratori, pubblici e privati accreditati, hanno al loro interno le tecnologie e le professionalità per eseguire i test anticorpali, esattamente come per tante altre infezioni virali, in un tempo assolutamente limitato e ad un costo molto più contenuto rispetto ai tamponi.

I prelievi, sicuramente di più facile esecuzione, inoltre, potrebbero essere effettuati presso il domicilio del richiedente in modo da evitare al massimo il contatto tra un sospetto positivo ed il resto della popolazione e gli arrivi concomitanti presso i laboratori di analisi.

Restiamo solo in attesa di un’autorizzazione da parte della Regione Siciliana per poter attivamente scendere in campo al fianco della sanità pubblica e dare il nostro modesto contributo in questa guerra che ci vede tutti in prima linea.

Distinti saluti,Dott.ssa Claudia Torrisi

Direttore TecnicoCentro Analisi Catanese S.C.a R.L.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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