«La lezione del Nord in Sicilia è servita Ma se il virus torna sarà uno tsumani»

Di Redazione / 10 Aprile 2020

Incoscienti che non rispettano le regole, strafottenti, irrispettosi verso la salute altrui e la propria. E’ un vulcano il dott. Carmelo Iacobello, primario del reparto di Malattie infettive del Cannizzaro, in prima linea nella lotta al Covid. Iacobello appena ieri si è scagliato contro le troppe persone che ha visto per strada, avvertendo anche le autorità che così non va…

«Così – ha detto – tra 15 giorni rischiamo di vanificare gli sforzi di chi è rimasto chiuso a casa da oltre 20 giorni per alto senso di responsabilità..». E ora alla vigilia di Pasqua la sua preoccupazione cresce.

Dottore perché è così adirato… In fondo i dati dei contagi in Sicilia scendono.

«Sono arrabbiato perché quello che noi esperti chiediamo ai cittadini è un ultimo sacrificio che evidentemente deve essere eseguito con tenacia se vogliamo veramente uscirne fuori. Purtroppo per lavoro sono costretto ogni giorno ad uscire e vedo sempre più frequentemente molta gente che gira in città. Con l’auto, a piedi… Anche i supermercati che frequento pochissimo perché mia moglie diligentemente si fa portare la spesa a casa sono pieni di gente».

Ma allora che si fa?
«Si deve fare un appello. Noi finora abbiamo ottenuto in Sicilia un risultato straordinario. Siamo riusciti a capire in anticipo – facendo tesoro di quello che è accaduto al nord, – quello che sarebbe capitato da noi e siamo riusciti a ottenere risultati che gli altri non hanno ottenuto perché il distanziamento sociale è stato troppo tardivo. Per noi è stata una fortuna incalcolabile. Per questo è arrivato il momento per tutti di parlare in maniera chiara e ribadire: dobbiamo stare a casa con tutte le nostre forze».

Dottore, ma tra due giorni è Pasqua, festa tradizionalmente che riunisce le famiglie…
«Sarà un banco di prova fondamentale. Sappiamo tutti che durante le feste c’è la tendenza all’aggregazione, ma dobbiamo resistere a questa tentazione e mantenere il distaccamento sociale. Evitiamo quindi il pranzo pasquale. Io non vedo i miei genitori da due mesi eppure abitiamo a poca distanza».

Secondo lei come mai la gente sembra non capire?
«Probabilmente perché a un certo punto è passata l’informazione distorta e ottimistica che le cose andavano meglio. Anche la statistica riportata con precisione dagli organi di informazione ha trasmesso a una parte di cittadini l’impressione che l’emergenza era stata superata. Ma la luce in fondo al tunnel ancora non c’è».

Il rischio è che potremmo tornare indietro?
«Esattamente. E questa volta se dovessimo tornare indietro si tornerà con gli interessi. Sarà uno tsunami che impatterà sugli ospedali. Noi sino a neanche 5 giorni fa abbiamo avuto un momento in cui avevamo i reparti Covid già pieni, dovendo occupare altri reparti e rianimazioni, sospendendo le attività operatorie. Gli ospedali erano diventati in particolare centri Covid. Ora non è possibile tornare indietro perché il rischio è la paralisi e la mancata assistenza anche per i malati di altre patologie. Per questo dobbiamo mantenere i distanziamento sociale».

Se i numeri che ci sono adesso dovessero continuare a scendere quanto dovremo pazientare ancora?
«Penso sino al mese di giugno se non addirittura a luglio. Forse allora, quando i numeri saranno fortemente stabilizzati in positivo, potremmo cominciare a verificare se è possibile riaprire alcune attività e incominciare a riassaporare il gusto della normalità».

Ma lei suppone una apertura graduale da giugno-luglio oppure la continuazione di un isolamento a casa?
«Io propendo per una apertura graduale da giugno-luglio. E solo allora si può pensare a una fase 2, in cui bisognerà osservare con molta attenzione cosa accadrà nei possibili focolai. Inoltre dobbiamo abituarci all’idea che probabilmente non ci libereremo mai del tutto di questo virus che continuerà a circolare nella popolazione anche se con un impatto meno violento di adesso. Ci sarà una cronicizzazione della circolazione che dobbiamo tenere attentamente sotto controllo perché non sappiamo cosa potrebbe accadere».

A cosa allude?
«Non sappiamo neanche se il virus allo stato attuale dà una immunità permanente in chi è guarito. Se ciò non fosse ci potremmo ritrovare davanti a una situazione che potrebbe riesplodere in ogni momento».

Ma state quantomeno riuscendo ad affinare le cure?
«Stiamo cercando di perfezione la macchina delle cure. Allo stato stiamo andando avanti senza una precisa indicazione, violentando la medicina basata sulle prove. Comunque rispetto a prima cominciamo ad avere qualche certezza in più sui farmaci e la idrossiclorochina sta dando i suoi risultati e si affacciano all’orizzonte nuove terapie con l’eparina a basso peso molecolare che sembra avere una efficacia sul rischio trombotico e la risposta immunitaria. Anche il trattamento col Tocelizumab sta fornendo risultati».

Dobbiamo attendere un vaccino …
«Sì, ma sono sicuro che prima troveremo una cura».

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Tag: cannizzaro carmelo iacobello coronavirus Covid-19