Prove tecniche da post-Covid in Italia, che da poche ore ha abbandonato quasi del tutto il Green pass e cancellato molti obblighi sulle mascherine. Aldilà della fine delle norme però, il Paese – segnato da oltre due anni di pandemia – si scopre ancora prudente. Da Milano a Roma la quotidianità degli italiani non sembra affatto cambiata: in tanti indossano comunque Ffp2 o "chirurgiche" nonostante l’uso dei dispositivi di protezione non sia più necessario all’aperto, compresi gli stadi o gli eventi culturali, e in alcuni posti al chiuso, come bar e ristoranti, mentre negli uffici pubblici le mascherine restano soltanto "raccomandate". La fine definitiva di tutte le restrizioni – secondo l’ipotesi del sottosegretario alla Salute – potrebbe invece arrivare il 15 giugno. «Credo che ci siano le condizioni per dire che siamo di fronte alla possibilità di arrivare a un’estate senza restrizioni», spiega Andrea Costa nella sua previsione.
Nel frattempo diverse aziende hanno deciso di prolungare l'obbligo delle mascherine: allo stabilimento della Perugina i cosiddetti "dpi" dovranno essere utilizzati per tutto il mese di maggio, «per salvaguardare non solo i nostri dipendenti ma più in generale tutti coloro che vengono al nostro shop», spiega l'azienda. Stessa decisione all’Ast di Terni, dove i circa 3 mila 500 dipendenti dovranno ancora indossare i dispositivi di protezione, in attesa dell’aggiornamento delle linee guida in sede ministeriale. E in grandi teatri come la Scala di Milano i protocolli di sicurezza non cambiano, confermando tutte le precauzioni ad eccezione della misurazione della temperatura e il controllo del Green pass all’ingresso al lavoro, visto che dal primo maggio non è più necessario esibire il certificato verde in alcun posto, ad eccezione delle Rsa. Resta la prudenza anche in molti uffici e ogni azienda si regola a seconda del protocollo nazionale sottoscritto. Atteggiamenti che sembrano trovare il favore generalizzato dei lavoratori e degli esperti, i quali in generale invitano tutti alla cautela, soprattutto «per preservare i più fragili». Nulla invece cambia almeno fino al 15 giugno sui mezzi pubblici, dove il dispositivo di protezione resta obbligatorio.
Tra le città che ancora non hanno dato un addio alle mascherine c'è Milano: qui in negozi e supermercati la maggior parte dei clienti ha scelto di tenere le protezioni. Lo stesso vale per gli addetti ai lavori, commessi e negozianti, che preferiscono continuare a indossarle. Nello shop di un noto marchio in via Montenapoleone ad accogliere le persone ci sono commessi con le mascherine: «il nostro datore di lavoro ci ha detto che siamo liberi di scegliere se usarle o meno ma noi abbiamo deciso di continuare a metterle – dicono -, perché per il momento ci sentiamo più sicuri così». Sollievo invece per i baristi che ora non devono più chiedere il Green pass. «Adesso risparmiamo tempo e anche qualche brontolio dei clienti», commentano da uno dei bar della Stazione Centrale.
Anche a Roma in tanti continuano a utilizzare la mascherine, visto l’alto numero di turisti nella Capitale soprattutto nella zona del Vaticano, nei negozi e in centro storico. A Torino l'allentamento delle misure divide i cittadini, alcuni si sentono «finalmente liberi» ma molti continuano a indossare le protezioni mentre non è raro imbattersi in chi avrebbe preferito che il Green pass restasse in vigore ancora per un pò.
Un primo effetto dello stop al lasciapassare verde comincia già ad emergere, in vista delle previsioni sul calo dei tamponi, tenendo in considerazione che molti sono quelli effettuati per ottenere il certificato per il luogo di lavoro. Già in 24 ore – tenendo comunque conto che i dati sono riferiti a domenica primo maggio – i test effettuati sono stati "solo" 122.444 (meno della metà del giorno precedente), per un tasso di positività salito al 15,4%, una risalita dei ricoveri nei reparti ordinari (+56) e terapie intensive mediamente stabili (+2). Dall’ultimo bollettino emergono comunque 18.896 positivi e 124 vittime. Calano le misure, ma non i numeri sui decessi. E l’ultimo dei tanti avvertimenti arriva dall’epidemiologo Massimo Ciccozzi: "Un virus come questo per non darci più fastidio in genere ci mette intorno ai cinque o sei anni, noi lo stiamo endemizzando in due anni e mezzo, ma solo grazie a mascherine e vaccini».