covid
Immunità di gregge all’88% per non temere la variante Delta
Il calcolo del fisico Roberto Battiston, dell’Università di Trento, coordinatore dell’Osservatorio dei dati epidemiologici in collaborazione con Agenas
E’ indispensabile giocare d’anticipo contro la variante Delta del virus SarsCoV2, fino al 60% più aggressiva della variante Alfa, e una delle strategie principali è accelerare il più possibile con le vaccinazioni: a causa della maggiore trasmissibilità della variante, la soglia per ottenere l'immunità di gregge si alza avvicinandosi all’88%. A rilevarlo è il fisico Roberto Battiston, dell’Università di Trento, coordinatore dell’Osservatorio dei dati epidemiologici in collaborazione con Agenas. «Poiché la variante Delta è circa il 60% più contagiosa rispetto alla variante Alfa, è necessario raggiungere una percentuale più alta di vaccinati», dice all’ANSA il fisico, che fin dall’inizio della pandemia sta seguendo l’andamento della situazione in Italia.
«In questo modo, anche se a settembre la Delta dovesse essere dominante, non sarà pericolosa per la sanità pubblica», osserva. «Anche alla luce dei dati provenienti dall’ Inghilterra, la campagna di vaccinazione in corso potrà contenere l’impatto della variante Delta del virus SarsCoV2 nella misura in cui il numero persone completamente vaccinate (seconda dose) sarà elevato (oggi è circa il 26%). Molto probabilmente – prosegue – sarà una corsa contro il tempo, come è stata quella, vinta, che ci ha permesso di contenere la variante Alfa, dominante da fine febbraio-inizi di marzo».
I risultati finora ottenuti in Italia sono davvero molto buoni: «fin dalla prima settimana di aprile in tutta Italia l'andamento dei numeri che descrivono l’epidemia è in forte e costante miglioramento: ogni giorno vediamo diminuire in tutte le regioni e in tutte le province incidenza, prevalenza e decessi. L’indice di contagio Rt è sceso abbondantemente sotto 1 e il numero degli individui con l’infezione da virus SarsCoV2 si è ridotto di un fattore 16 a settimana: dai 157.000 di metà marzo è sceso ai 8.620 dell’ultima settimana; i decessi sono diminuiti di 11 volte rispetto all’inizio di aprile e, rispetto al picco registrato nel novembre 2020, la prevalenza è scesa al 10%». Per Battiston non c'è quindi alcun dubbio che si stia andando «nella direzione giusta» e che questo andamento "corrisponda perfettamente ai tempi della vaccinazione, che ha ridotto in modo sostanziale la possibilità di contagio».
Finora oltre il 50% della popolazione è stato vaccinato con almeno una dose e si stima che i guariti non vaccinati siano il 10-15%: di conseguenza circa il 65% degli italiani ha una copertura immunologica più o meno buona: «é un numero molto alto che ci sta proteggendo bene dalla variante Alfa e siamo in una condizione simile a luglio 2020, con l’enorme vantaggio di avere la protezione del vaccino».
C'è però l’elemento nuovo della variante Delta ma, secondo il fisico, «se nel frattempo l’intensità dell’epidemia si sarà ulteriormente ridotta, sarà probabilmente possibile contenerne gli effetti a livelli molto bassi. Guai, in questa situazione, a rallentare il ritmo della campagna di vaccinazione». Un numero alto di persone vaccinate completamente (seconda dose) significa limitare fortemente i contagi e tenere l’indice di contagio Rt ben al di sotto di 1, come è attualmente. «Dobbiamo puntare il più possibile ad avvicinarsi all’immunità di gregge caratteristico della variante Delta, perché questo permetterà di contenere gli eventuali focolai in modo che non riescano a far sviluppare l’"incendio» di una ulteriore ondata.
L’immunità di gregge all’88% è «un obiettivo sfidante», osserva ancora Battiston, ma si deve considerare che «più una variante si trasmette con facilità, più è necessario proteggere il maggior numero di persone con il vaccino, comprese le persone più giovani, che sono circa 9 milioni in Italia tra 0 e 19 anni, pari al 15% della popolazione».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA