Covid-19
Il duetto “bellico” Conte-Musumeci sulle restrizioni in vigore nell’Isola
Catania – Ormai è el clasico delle cabine di regia sul coronavirus. Quasi come se fosse un gioco delle parti, oltre che un modo per allentare la tensione, nel quale i protagonisti – Giuseppe Conte e Nello Musumeci – sembrano persino complici. E così nella videoconferenza di ieri sera va in scena l’ennesimo siparietto. Succede quando il governatore (accanto a lui, a Palermo l’inseparabile Ruggero Razza), con un certo tono di fierezza comunica al premier che «la Sicilia, alla luce dei positivi riscontri epidemiologici sulla strategia di contenimento, ha deciso di allineare alcune prescrizioni» all’ultimo decreto nazionale. La carota prima del bastone: «Ma con lo stesso spirito di leale collaborazione – incalza Musumeci – chiediamo al governo di prorogare, almeno fino al prossimo 3 maggio, le restrizioni sugli ingressi nell’Isola» con aerei, navi e treni, ma anche dallo Stretto. E Conte, con un malizioso sorriso, gli risponde: «Presidente, apprezzo lo spirito con cui difende la sua terra. Ma, prima o poi, verremo giù a espugnarla…». Un assist perfetto per l’ironia bellica del CollonNello: «E noi saremo pronti ad accogliervi. L’attenderò schierando il Corpo forestale a Messina!». E, col sottofondo delle risatine di altri protagonisti collegati (compreso un esponente dem del Nord) il presidente del Consiglio chiosa: «Allora, caro Musumeci, noi attaccheremo dal cielo, con gli aerei». La boutade finale. E, racconta chi sbirciava i volti dei “videocollegati”, «persino la Raggi l’ha capita».
Il duetto Conte-Musumeci dà anche il senso dello spirito, definito «collaborativo, nonostante tutto», con cui Palazzo Chigi e le Regioni si confrontano sul complicato tema della “fase 2”. Conte, da parte sua, ha le idee chiare: riapertura dal 4 maggio di aziende e uffici, con una forte dose di smart working, orari scaglionati e autobus a ingresso limitato; un primo parziale allentamento del lockdown, con spostamenti di lavoratori e riapertura dei parchi, ma senza un’apertura indiscriminata di bar e negozi. L’idea è permettere a tutte di ripartire, con protocolli e misure di sicurezza, dal 4 maggio, e poi pian piano allentare le limitazioni per i cittadini: i lavoratori, con fasce orarie spalmate per evitare affollamenti, potranno spostarsi, i bambini potranno tornare nei parchi. Ma potrebbero esserci regole più severe per gli anziani. E maggiori tutele per i più deboli. Si potrà andare a fare jogging da soli ma è difficile, viste le contrarietà nel governo, che i bar e ristoranti riaprano già il 4: se ne potrebbe riparlare più avanti.
Perciò il confronto di ieri è delicato. E così, parlando a governatori e sindaci, Conte (con i ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza e il sottosegretario Riccardo Fraccaro) prova a stoppare fughe in avanti: «Non ci saranno riaperture – chiarisce – prima del 4 maggio». Perché, sostengono dal governo, non si può riaprire «senza che tenga la rete sanitaria» delle Regioni, anche attraverso Covid Hospital e centri per la quarantena, o si rischia un ritorno del contagio. Il premier torna a chiedere collaborazione: basta fughe in avanti, basta annunci e pressing per riaperture accelerate. Se la “fase 2” sarà, come dice il ministro del Sud, Peppe Provenzano, non un ritorno alla normalità ma «una lunga transizione», è su linee guida nazionali che vuole lavorare il governo.
Ma è chiaro che i territori sono il punto di caduta decisivo. E il terreno, per Conte, è accidentato. Dal Veneto Luca Zaia chiede di «allentare subito tutto», mentre Vincenzo De Luca ribadisce che c’è «la quarantena per chi arriva in Campania da zone a rischio». Tra le ipotesi per una riapertura a step ci sono anche macroaree di rischio, “zone rosse” e stop agli spostamenti tra le regioni. Ma c’è chi come Giovanni Toti (Liguria) definisce la chiusura delle regioni «incompatibile con la ripresa economica». Ed è in effetti su linee nazionali e un riavvio graduale del motore che ragiona il governo. Ma specificità per alcune aree potrebbero esserci e dipenderà anche da quanto le Regioni sono pronte ad assicurare la tenuta sul piano sanitario per accompagnare la ripartenza. E la Sicilia, rassicurano da Palazzo d’Orléans, rientrerebbe fra i battistrada della riapertura, «sia per i dati sui contagi, sia per la consistenza del piano Covid».
Musumeci, assieme ai colleghi Bonaccini e Fontana, spinge sulla ripartenza di edilizia e costruzioni, con un documento in cui si chiede espressamente che le filiere ripartano dal 27 aprile. Sarebbero a favore nel governo non solo i renziani, ma anche Provenzano. Fra le altre richieste della Sicilia anche una «corsia rapida per i fondi dell’articolo 20 sull’edilizia sanitaria». Un accordo Ragione-Mef-Salute che nell’Isola sbloccherebbe 1,3 miliardi per interventi importanti (come il nuovo ospedale di Siracusa), sul quale lavorano in sintonia Speranza e Razza. E sempre in tema di cantieri, il governatore sollecita a Palazzo Chigi anche «procedure particolari, a partire dai commissariamenti» per spendere in Sicilia altri 500 milioni negli edifici scolastici, «approfittando anche della lunga chiusura». Un altro iter che potrebbe sbloccarsi. Magari prima che l’Isola venga invasa dalle truppe dello “sblockdown” di Conte.
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