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Covid, «Scuola, in Sicilia contatti non controllabili» Ecco perché il Cts chiedeva misure più dure

Di Mario Barresi |

Catania – Nella popolazione scolastica siciliana i contagi sono in aumento, «soprattutto in adolescenti under 14» che rappresentano «oltre la metà dei casi». Ma, al di là di numeri assoluti che restano bassi (1.666 positivi, di cui 1.201 studenti), a preoccupare non è tanto la vita fra i banchi, quanto il «rischio per gli aspetti di mobilità e di incremento dei contatti interpersonali non è direttamente controllabile da parte delle istituzioni scolastiche». Ed è soprattutto per queste ragioni che il comitato tecnico-scientifico ha suggerito a Nello Musumeci la stretta sulle scuole. L’unico consiglio effettivamente messo in pratica dal governatore nella zona arancione “rafforzata”, con la Dad fino al 30 gennaio nelle scuole superiori e fino al 16 per medie ed elementari, mantenendo le classi aperte solo nella scuola dell’infanzia e negli asili nido. Ma gli esperti della Regione avrebbero voluto azioni ancor più restrittive. Basandosi su alcuni dati scientifici, aggiornati al 5 gennaio scorso, quando nel sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di Sanità vengono censiti i 1.666 positivi nelle scuole siciliane. «Il picco complessivo di casi si è registrato nella settimana tra il 2 ed il 9 novembre con 169 casi in studenti e 85 in personale o altre categorie», annota il Cts nel parere, sottolineando che «oltre la metà dei casi in popolazione studentesca si è osservata in adolescenti over 14 anni», ma ammettendo che «a partire dal 16 novembre si osserva una drastica riduzione dei casi».

Ma le preoccupazioni dei saggi della Regione sono soprattutto legati a un altro dossier. I dati pubblicati dall’Aie (Associazione italiana di Epidemiologia) sulla «distribuzione per età nel corso del tempo in diverse Regioni italiane» evidenziano infatti «un incremento dell’incidenza in ottobre nelle fasce di età corrispondenti alle scuole medie e superiori». Con alcune differenze per fasce d’età. «Sui bambini della prima infanzia (0-6 anni) e delle scuole elementari (6-10 anni) si sono registrati incrementi inferiori o analoghi a quelli degli adulti, mentre un incremento maggiore si è osservato nei ragazzi in età da scuola media (11-13 anni) a partire dal 28 settembre». Il Cts utilizza lo zoom per analizzare la situazione su base regionale: «In Sicilia il trend di incidenza età specifico conferma tale osservazione evidenziando un avvio della risalita della curva epidemica a partire dalla fascia degli adolescenti fino al 25 ottobre e  successivamente nei soggetti più anziani. In particolare la fascia 14-18 anni cresce fino alla settimana 9-15 novembre  e successivamente decresce fino alla settimana del 21-27 dicembre». Gli altri elementi sono «l’incidenza più bassa si conferma stabilmente nella popolazione fino ai 10 anni», ma, soprattutto, che «oltre la metà dei casi in popolazione studentesca si è osservata in adolescenti over 14 anni».

Fin qui i dati di partenza. Alla luce dei quali «si ritiene che nell’immediato e nel contesto dello scenario pandemico che si registra oggi», atteso che «il rischio per gli aspetti di mobilità e di incremento dei contatti interpersonali non è direttamente controllabile da parte delle istituzioni scolastiche»,  sia necessaria una stretta anti-contagi. E così il Cts, nel documento consegnato a Musumeci, chiede la Dad fino al 30 gennaio «per le scuole secondarie di primo e secondo grado», «a prescindere dal livello di rischio che verrà assegnato alla regione». Ma il governatore, nell’ordinanza di venerdì, ha previsto invece lo stop per tutto il mese soltanto alle superiori, equiparando le medie alle elementari, per cui il Cts ha chiesto di «prevedere l’astensione dalle lezioni in presenza e il ricorso a modalità alternative almeno fino al 18 gennaio 2021». In base a cosa sarà deciso il ritorno in classe? Anche su questo punto gli esperti danno un’indicazione. E cioè che «la didattica in presenza avverrà su disposizione dell’autorità sanitaria locale che d’intesa con la Asp valuterà i livelli di rischio epidemiologico considerando la soglia di incidenza negli ultimi 7 giorni superiore a 50/100.000 abitanti». Potrebbe essere questo uno dei criteri seguiti dal governo regionale. Che nel frattempo deve tenere conto della protesta dei sindacati. «Riteniamo un errore l’ordinanza del presidente della Regione Siciliana sul mantenimento della scuola dell’infanzia in presenza», scrivono, in una nota congiunta i segretari regionali di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Fgu Gilda Unams. «Considerare gli insegnanti della scuola dell’infanzia come sacrificabili perché svolgono una funzione “sociale”, significa disconoscerne il ruolo fondamentale. Se c’è emergenza sanitaria in Sicilia c’è anche per la scuola dell’infanzia. Sembra utile ricordare che gli alunni non indossano mascherina e non rispettano il distanziamento sociale mentre per gli insegnanti è prevista soltanto la mascherina chirurgica».

A proposito del rischio di contagio per chi vive l’ambiente scolastico, il comitato tecnico-scientifico, nel parere alla Regione, scrive anche che «alla luce del dato di contagiosità specifica del settore, si sottolinea l’urgenza di includere nel calendario vaccinale il personale scolastico e prioritariamente gli insegnanti di sostegno».

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