ROMA – Senza ulteriori provvedimenti il Natale ormai alle porte rischia di diventare il primo della storia a finire in lockdown. A ventilare l’ipotesi di una chiusura totale è il ministero della Salute – per voce del direttore della Prevenzione Gianni Rezza – che cerca la sponda degli esperti del Comitato Tecnico Scientifico per dare maggior peso ad una nuova ventilata stretta natalizia. Sponda che, però, non arriva. I tecnici, infatti, si spaccano e la riunione fiume va in archivio con un verbale, firmato all’unanimità, in cui si chiede sì un rafforzamento dei controlli da parte delle forze di polizia, ma in cui non si accenna affatto a zone rosse, arancioni o gialle. Questa, è l’idea degli scienziati, è una decisione che spetta al governo.
«E’ stata una riunione difficile e intensa – ammette il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo -. Alla fine abbiamo raggiunto un punto d’incontro e condiviso all’unanimità la necessità di inasprire le misure di contenimento del contagio. Al ministro Roberto Speranza e al governo abbiamo quindi suggerito di considerare quanto previsto dalla normativa già in vigore». E in serata è lo stesso premier, Giuseppe Conte, ad annunciare il «piano per le festività natalizie» con un «ritocchino» che porterà a «qualche misura ulteriore».
Il bollettino di oggi parla di altri 846 morti e quasi 15 mila nuovi casi, per un rapporto tra tamponi e positivi che scende sotto il 10% (9,1%). Numeri che fanno stare tutt’altro che tranquilli, come ammette lo stesso Rezza durante la conferenza stampa settimanale. «Il dato dei morti – ha detto – è davvero molto elevato e ciò indica che in questi 2-3 mesi il numero delle persone infettatesi è grande, con una ripresa dell’epidemia imponente». Senza calcolare, poi, che le terapie intensive (3.003 oggi in Italia) e i ricoveri (27.342) sono ancora «sopra la soglia critica». A farne le spese, in particolare, è il Veneto che registra il record di vittime (165) e oltre 3.000 nuovi contagi. «La situazione è pesante – ammette il governatore, Luca Zaia -: è come se quasi 7 ospedali grandi di provincia fossero orientati per i pazienti Covid».
L’ennesimo invito a «non abbassare la guardia» è arrivato dal premier, Giuseppe Conte. «Siamo giunti al termine di quest’anno attraversando una crisi pandemica che ha sconvolto la nostra economia e società – ha detto all’assemblea di Coldiretti – e ancora non dobbiamo abbassare la soglia di attenzione». «Ci aspettano tre mesi invernali difficilissimi – gli fa eco il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia -: questo significa autodisciplinarci e credo che l’Italia risponderà: “prima la salute e poi il business”, perché senza la vita non c’è alcun business».
Con l’avvicinarsi dei giorni più “caldi” del Natale scenderà in campo anche il piano predisposto dal Viminale, con l’impiego di 70 mila agenti ai quali saranno affiancati i militari già al lavoro su Strade Sicure. Il governo, intanto, incontrerà le regioni proprio per capire se e come attuare eventuali nuove strette per evitare i pericolosi assembramenti visti nello scorso weekend e scongiurare spostamenti non strettamente necessari.
Il Cts raccomanda di vigilare in particolare sui luoghi chiusi o dove è possibile togliere la mascherina come bar e ristoranti. I governatori, dal canto loro, pretendono «chiarezza» ma non sono pochi a chiedere Palazzo Chigi misure diverse in base ai dati del contagio, scongiurando quindi un’unica grande zona rossa.
Sullo sfondo, poi, aleggia la crisi di governo, con il pressing di Matteo Renzi sul premier Conte e le divisioni più che mai acuite con il Pd. Una frattura che si sposta anche in Senato dove la maggioranza non è riuscita a presentare una mozione unitaria sugli spostamenti. Oggi sono arrivati due testi differenti, il primo dei dem per chiedere la mobilità fra i piccoli comuni nei giorni di festa, l’altro di Italia Viva per impegnare il governo a disporre aperture o chiusure in base ai dati scientifici.
I prossimi si annunciano giorni di fuoco, con il governo alle prese con una decisione che appare tanto impopolare quanto necessaria per evitare la paventata terza ondata.