Catania – Al Reparto di Rianimazione del Policlinico, guidato dal primario Ettore Panascia, per combattere il Covid si pratica anche una tecnica molto sofisticata che si chiama Ecmo, o “circolazione extracorporea”, con la quale (con cannule giugulare e femorale) si “mettono a riposo i polmoni” durante il periodo del ricovero e il paziente respira artificialmente. In uno dei due posti letto disponibili (in Sicilia ci sono solo Palermo con 17 posti e Catania con questi 2) è stato ricoverato Maurizio Jack Giustolisi, 45enne maratoneta, arrivato ormai in condizioni gravissime dalla rianimazione del Garibaldi oltre un mese fa.
“Era arrivato quasi morto. Per un mese, notte e giorno, lo abbiamo curato applicando questa difficile tecnica – dice Panascìa – non facciamo miracoli, ma offriamo tutto il nostro impegno, anche oltre la misura ragionevole». Panascia racconta quei giorni terribili col paziente appeso a un filo. Ed è per questo che oggi la favola che qualcuno ha diffuso soprattutto sui social e su qualche sito, sulla moglie del 45enne che si sarebbe recata in Cattedrale a chiedere il miracolo a Sant’Agata e che Giustolisi sarebbe guarito per questo, tanto che adesso è stato ricoverato in una struttura riabilitativa (Villa Sofia), fa male e offusca giornate intere di lavoro estenuante e senza sosta effettuate dai medici. «Quello che ha dato fastidio per i fatti raccontati sui siti, sono soprattutto le dichiarazioni non vere. Io non ho mai telefonato alla moglie del maratoneta per dirle che avrei staccato le cannule a suo marito perché non c’era più nulla da fare. Io non ho mai fatto quella telefonata. Ora premesso ciò noi medici non desideriamo affatto che passi il messaggio che se i pazienti guariscono è merito dei miracoli dei Santi, mentre se muoiono è colpa dei medici. La falsa notizia che al Policlinico si sarebbe “gettata la spugna”, o che addirittura sarebbe stato detto alla moglie che non c’era più niente da fare e che l’uomo sarebbe morto è totalmente priva di fondamento.
Sono soltanto false notizie diffuse. Inoltre è circolata anche la notizia che la donna dopo essere stata in Cattedrale avrebbe visto che il marito muoveva un braccio, altra vicenda falsa perché per tutto il tempo suo marito è stato sedato. Ora lungi da noi contestare la eventualità che un miracolo abbia aiutato questa persona, a guarire, ma far passare il messaggio che tutto si è svolto in questo modo significa buttare discredito su tutte quelle persone che a rischio anche della propria vita – allora non c’era neanche la vaccinazione – hanno vegliato per 28 giorni questa persona riuscendola a strapparla dalla morte».
Allora lei pensa che qui piuttosto che un miracolo si sia trattato di una azione sanitaria andata a buon fine?
«Per carità – prosegue il primario – che noi siamo tutti nelle mani divine lungi da me dallo smentirlo. Ma vorrei, anche per onestà nei confronti dei miei colleghi e degli infermieri, dire che noi su ogni paziente letteralmente “buttiamo sangue” 24 ore su 24 per cercare di tirarlo fuori da una condizione disperata. I cittadini non sanno quello che noi facciamo ogni giorno nel reparto, così come avviene in tutti i reparti che combattono contro questa terribile malattia, Non possiamo certo essere felici nell’apprendere che se il paziente si salva allora è grazie a un miracolo e se muore è colpa dei medici».
Il primario d rianimazione spiega poi che i pazienti trattati con l’Ecmo sono molto particolari e il danno polmonare in queste persone è permanente. Panascia ricorda anche il dramma del ventinovenne catanese morto in rianimazione per Covid, dopo che per una settimana i medici hanno disperatamente lottato per salvargli la vita.
Dottore al momento i due posti letto in Ecmo li ha occupati?
«Sì, ho in trattamento un cinquantenne e un 41enne. La guerra continua…».