Parole ancora più dirompenti di quelle pronunciate nella chat con i manager della sanità siciliana. Mario La Rocca, il dirigente generale della pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute rilancia e accusa i medici che «non vogliono occuparsi di casi covid» fino al punto di «scrivere cartelle cliniche con diagnosi inventate pur di non svuotare alcuni reparti». Parole che non gettano acqua sul fuoco della polemica divampata dopo che La Sicilia e lasicilia.it hanno diffuso i suoi audio della chat su Whatsapp e che anzi gettano benzina sul fuoco.
«Pur di non svuotare alcuni reparti, per destinare i posti letto ai pazienti Covid, c’è chi ha scritto nelle cartelle cliniche diagnosi inventate, ne ricordo una che parlava di tubercolosi, ma non era vero» ha detto La Rocca all’ANSA parlando anche di «ostruzionismo» da parte di alcuni medici per impedire l’attivazione di posti per malati di coronavirus e di dirigenti generali di ospedali «incapaci» di applicare il piano del governo Musumeci per l’aumento dei posti.
«Mentre ero a casa per il Covid – ha detto – ho notato che alcuni manager di ospedali da tre settimane non facevano nulla, eppure avrebbero dovuto applicare il piano della Regione per l’attivazione di posti letto per i pazienti malati di Coronavirus. Il 4 novembre ho mandato quegli audio nella chat, due giorni dopo, avendo il tampone negativo, ho fatto il giro di alcuni ospedali a Palermo, ho trovato 100 posti in un giorno» ha poi aggiunto.
Sugli audio della chat con parole che ai più sono sembrate pressioni per dichiarare più posti di quanti ce ne fossero in vista del giudizio del Governo su quale zona assegnare alla Sicilia (poi sarà arancione, ma si sperava gialla) La Rocca non fa un passo indietro: «Ero incavolato: dicevo ai manager di ospedali e Asp che dovevano applicare il piano della Regione destinando posti letto ai malati Covid ma non lo facevano, non avevano gli attributi per imporsi su alcuni medici: perché la verità è che ci sono medici che si stanno sacrificando dando l’anima in questa emergenza e ci sono quelli che invece non vogliono occuparsi di questi malati per potere continuare a gestire pazienti in intramoenia».
La Rocca è un fiume in piena: «Quando andai all’ospedale Cervello di Palermo, vidi che nel pronto soccorso di pediatria c’era una sola bambina che faceva i compiti. Appurai che c’erano 6-7 accessi al giorno in questo reparto che era separato solo da una porta dall’area Covid: da lì mi arrivavano le grida disperate di aiuto dei pazienti Covid. Quella mattina il personale aveva chiesto gli straordinari e non voleva spostarsi di reparto mentre c’era chi aveva bisogno. C’era dunque la possibilità di reperire lì dei posti letto Covid ma tutto era immobile». Il pronto soccorso pediatrico è poi stato destinato al Covid, i piccoli pazienti smistati all’ospedale dei Bambini.