Catania. Nell’Isola arancione le chiazze rosse si moltiplicano, con un ritmo comunque più lento della curva del Covid (ieri quasi 2mila nuovi casi, al secondo posto dietro la Lombardia; tasso di contagio schizzato al 18,6%), ma anche del pressing dei sindaci atterriti dalla diffusione della pandemia. Se oggi il governo nazionale non dovesse inserire l’intera regione fra le nuove zone rosse, scenario sempre gradito dalla Regione, il peso delle scelte più delicate ricadrebbe su Nello Musumeci. Che, subissato dalle richieste (formali e non) dei sindaci, prende tempo fino a stasera. Il governatore ha ben chiaro che «l’allarme arrivi essenzialmente dalle tre aree urbane di Palermo, Catania e Messina, ed è lì che dobbiamo concentrare in modo particolare la nostra attenzione, cosa che faremo».
Ma il mosaico metropolitano è piuttosto intricato. Messina è in zona rossa da lunedì, ma il sindaco Cateno De Luca – scatenato contro il governo regionale – «medita» addirittura, e per l’ennesima volta, «le dimissioni», dopo le minacce che avrebbe ricevuto da alcuni cittadini. Dopo aver ritirato la sua ordinanza che prevedeva ulteriori strette (compreso l’uso dei droni), De Luca s’è ritirato nella sua Fiumedinisi «per riflettere». Non ha invece alcuna riflessione in sospeso Leoluca Orlando: «Mi sembra assolutamente urgente e non più rinviabile che Palermo sia dichiarata zona rossa», scandisce il sindaco, convinto che «siamo sull’orlo di un abisso, non c’è più tempo da perdere per evitare una catastrofe». Più “laica” la posizione di Salvo Pogliese, che ieri ha sentito diverse volte l’assessore Ruggero Razza. Catania è in testa alla classifica dei nuovi contagiati, ma il sindaco ritiene che «i dati sulla pressione negli ospedali» non siano «ancora allarmanti». Pogliese, che ieri ha visitato il Cannizzaro, è in costante contatto con i manager della sanità etnea ricevendo ampie rassicurazioni sulla capienza di posti letto. Ben più sotto pressione è la sanità palermitana. Non a caso, «come da indicazioni dell’assessorato regionale alla Salute», è stata disposta «l’immediata sospensione dei ricoveri» nell’unità di Ostetricia e ginecologia del Cervello, «per consentire da lunedì prossimo la trasformazione dei posti letto per accogliere pazienti affetti da Coronavirus». Una decisione fortemente contestata dal Cimo: una «decisione politica», per il sindacato medico, che «rischia di avere pesanti ripercussioni sulla salute pubblica e in particolare sulle gestanti» in «uno dei maggiori punti nascita della Sicilia». Ma a Palermo, oltre all’allarme posti letto, pesa anche il numero degli attuali positivi: sono 10.347, pari a oltre 15 ogni 1.000 abitanti.
Orlando, da presidente regionale di Anci, annuncia anche una «seduta permanente» del Consiglio regionale dell’associazione dei comuni. All’interno della quale molti “soci” invocano la zona rossa. Lo ha fatto, ufficialmente, il sindaco di Marsala, Massimo Grillo, che in un’ordinanza ha già disposto il divieto di accesso, dal venerdì alla domenica dalle 18 alle 22, per tutto gennaio, nelle principali vie e piazze del centro storico.
Ma le richieste dei sindaci sono decine. E le attuali dieci zone rosse, già da stasera – soprattutto se la Sicilia dovesse restare in arancione – sono destinate a moltiplicarsi. Musumeci ha sul tavolo una prima lista di massima, basata sui dati delle Asp affluiti all’assessorato alla Salute. Il governatore a TgCom24 ribadisce che «ora serve ancor più rigore» e ammette l’ipotesi di altre città “in red”, ma prende tempo sulle scuole: «Da lunedì, in base al dato epidemiologico, decideremo quale condotta assumere sul fronte scolastico che per ora rimane sospeso in tutti gli ordini e gradi». Ora, però, le scelte più immediate, forse già stasera, riguardano le nuove zone rosse. «Si valuta con attenzione» Palermo, secondo quanto trapela da Palazzo d’Orléans, ma «non ancora» Catania. In attesa del Dpcm di un governo nazionale in piena crisi. E dei nuovi dati epidemiologici. Che non promettono nulla di buono.
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