Covid, così il Nord traina l’aumento dei contagi

Di Redazione / 13 Marzo 2021

L’indice di contagio Rt è stabile a livello nazionale da almeno due settimane, con un valore intorno a 1.15, mentre è in atto una crescita degli infetti attivi trainata dalle regioni centro-settentrionali e nel Sud e nelle isole la crescite è minore.

È quanto emerge dalle analisi del fisico Roberto Battiston, che coordina l’Osservatorio del dati epidemiologici dell’Università di Trento che collabora con Agenas. Battiston monitora l’epidemia usando i dati della Protezione Civile con risultati simili a quelli dell’Istituto Superiore di Sanità e Fondazione Bruno Kessler, che usano un metodo di calcolo basato su dati non disponibili al pubblico.

«In Italia c’è una situazione variegata», che indica sostanzialmente che le misure di contenimento adottate a livello locale funzionano.

«Il numero di infetti attivi aumenta in Italia dell’1% al giorno e ha ormai superato 500.000, quando era a 390.000 soltanto 20 giorni fa; prima di allora era in calo dell’1% al giorno. Questo – osserva Battiston – avviene a causa della crescita marcata in regioni del Nord, come Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Tutto il Nord ha un indice Rt molto alto e cresce velocemente. Nel resto d’Italia la crescita è minore mentre le isole mostrano una decrescita costante».

Occorre considerare due elementi: la prevalenza, ossia il numero di infetti presenti in un determinato momento, e il valore dell’indice Rt. «Paragonando l’epidemia a un motore, possiamo considerare il numero di infetti in un dato momento come la benzina e Rt l’acceleratore», osserva il fisico.

Sulla base di questa considerazione si possono distinguere due tipi di regioni o province: quelle che, grazie alle misure adottate in precedenza, avevano un basso numero di infetti quando Rt ha cominciato a salire, 20 giorni fa, e quelle in cui il numero degli infetti era elevato. In Toscana, per esempio, la prevalenza era scesa moltissimo e la crescita quotidiana è oggi relativamente contenuta, nonostante Rt abbia sfiorato 1,3, perché il numero degli infetti era basso; in Valle d’Asta oggi l’indice Rt è quasi a 1,5, ma essendo tornata alla bassissima prevalenza di settembre la crescita avviene ancora su numeri piccoli e per ora si può gestire. Diverso il caso dell’Emilia Romagna, fra le regioni con l’Rt più alto, in quanto lì si è partiti da una base di infetti più ampia; lo stesso vale per il Friuli Venezia Giulia, che con un Rt di 1,25 sta crescendo rapidamente nel numero di infetti. Sono differenze, prosegue Battiston, ancora più evidenti se analizziamo le province. In Abruzzo, per esempio, il passaggio all’arancione ha permesso di contenere i casi nelle province più colpite di Pescara e Chieti, salvaguardando L’Aquila e Teramo dove Rt è sceso sotto 1 in meno di tre settimane: «È la dimostrazione che le misure di contenimento hanno permesso di controllare una situazione difficile e l’hanno riportata a un livello controllabile».

Lo stesso è accaduto in Umbria, dove la provincia di Perugia ha avuto una crescita molto forte a fine gennaio entrando in una zona rossa e poi arancione, cosa che ha permesso di riportare Rt sotto 1 praticamente senza conseguenze per la provincia di Terni. Dopo un periodo in rosso anche l’Alto Adige ha riportato Rt ben sotto 1 e «sono incoraggianti», prosegue Battiston, anche le prime tendenze che si osservano in Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto e Molise dopo il passaggio alla zona arancione e rossa. «Sono dati che dimostrano ancora una volta che l’epidemia si può tenere sotto controllo, con effetti concreti e misurabili: nel frattempo è fondamentale continuare a vaccinare». 

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Tag: covid covid italia roberto battiston rt italia