ROMA – La priorità, mentre sono in aumento i casi di Covid-19 in Italia, è anche garantire la piena sicurezza dei reparti di terapia intensiva, secondo criteri organizzativi precisi. Per questo, l’Associazione degli anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac) ha appena avviato un’indagine a tappeto negli ospedali italiani e, dalle prime verifiche, emergono «dubbi» sulla Sicilia. Il rischio, avverte il presidente Aaroi-Emac Alessandro Vergallo, è che «i percorsi per una gestione in sicurezza dei reparti non sempre siano applicati al meglio».
«Stiamo avviando controlli a tappeto – spiega il presidente degli anestesisti ospedalieri – e, al momento, abbiamo dubbi sul rispetto dei criteri di sicurezza, dal punto di vista organizzativo e logistico, in alcuni ospedali della Sicilia». Il punto è che, «nella corsa all’implementazione dei posti letto di terapia intensiva Covid nella Regione, emergono vari dubbi inerenti proprio i percorsi di sicurezza». Sotto la lente è la gestione logistica e l’organizzazione dei reparti di rianimazione: «Dubbi sono emersi ad esempio circa la dislocazione degli accessi in entrata e in uscita nei reparti per garantire la massima sicurezza ma, soprattutto, a preoccuparci – afferma Vergallo – è la gestione organizzativa del personale medico e infermieristico. Un criterio di sicurezza imprescindibile, infatti, è che medici e infermieri impegnati nelle terapie intensive Covid prestino servizio escluso in tali reparti senza essere assolutamente impiegati in turnazioni in altri reparti non Covid». Proprio su questo «aspetto cruciale – sottolinea – abbiamo in particolare chiesto dei chiarimenti ad un ospedale siciliano, ma non abbiamo ancora avuto una risposta». Su questo, insiste Vergallo, «non ci possono essere sconti: nella prima fase della pandemia eravamo impreparati ma ora non possiamo permetterci errori. Tutte le misure organizzative di sicurezza devono essere rispettate e, proprio perchè l’Italia non è al momento in una situazione di emergenza, abbiamo la possibilità di organizzare al meglio i reparti». Pronta la risposta del direttore dell’unità di terapia intensiva e rianimazione dell’ospedale ‘Cervellò di Palermo, Baldo Renda, impegnata fin dall’inizio sul fronte dell’emergenza: «Da noi c’è il pieno rispetto di tutti criteri di sicurezza, sia dal punto di vista organizzativo che logistico, con percorsi delineati e distinti, ambienti di vestizione, abbiamo creato percorsi dedicati necessari per distinguere il ‘pulitò dallo ‘sporcò. Creare dall’oggi al domani i percorsi è stato molto complicato, ma credo che la nostra gestione degli ultimi mesi dimostri la correttezza delle misure adottate».
Quanto invece alla situazione generale, rileva Vergallo, “non vi è ad oggi alcuna evidenza scientifica che il virus SarsCov2 sia mutato o si sia indebolito ed i casi di Covid-19 sono in progressivo aumento, ma il sistema sta tenendo e le terapie intensive per ora reggono”. Al momento, sottolinea, «non ci risultano situazioni di allarme in alcuna regione». Con l’aumento dei casi, cioè, stanno aumentando anche i ricoveri in rianimazione ma i numeri restano ad oggi «pienamente gestibili”: “In tutta la Regione Lombardia ci sono 30 ricoverati con sintomi da Covid in terapia intensiva su 1000 posti disponibili. Questo dimostra che non siamo in una situazione simile alla prima fase della pandemia». Nessuna situazione d’allarme, sempre per ora, neanche al Sud. Tuttavia la preoccupazione per le regioni centro-meridionali e per la loro capacità di tenuta è innegabile: «Il Lazio e la Campania – afferma Vergallo – stanno vivendo l’aumento maggiore di casi e ricoveri per Covid in terapie intensiva. Verso queste regioni, e le altre del Sud, la nostra attenzione è più alta». Resta infatti la criticità dovuta al fatto che in queste aree territoriali «la capacità ricettiva delle terapie intensive non è sicuramente la stessa, ad esempio, della Lombardia. Lazio e Campania – conclude Vergallo – ci preoccupano».