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Covid, contagi in crescita nel Paese Stretta su movida: locali chiusi alle 24?

Di Luca Laviola |

I contagi da coronavirus in Italia continuano a salire, e il Governo non esclude di anticipare già a lunedì il Dpcm con le nuove misure restriittive, a partire da quelle antimovida, ritenute indispensabili ad evitare che la situazione finisca fuori controllo.

Proprio il nodo della movida e della convivialità da contenere, a quanto si apprende da fonti dell’esecutivo, è stato al centro della riunione dei capidelegazione e del premier Giuseppe Conte tenutasi nel pomeriggio. E si è discusso anche dell’idea di chiudere i locali alle 24 (ieri si ragionava alle 23), orario che non avrebbe ripercussioni negative sui ristoranti.

Alla riunione è inoltre emersa l’ipotesi, come detto, di anticipare il varo del Dpcm a lunedì sera ma – spiegano le stesse fonti – essendo i tempi molto stretti non si può escludere che la nuova stretta venga messa in campo, come previsto, nella serata di mercoledì.

In ogni caso domani i ministri coinvolti dalle nuove misure – che includeranno anche una rimodulazione dello smart working – lavoreranno sulla messa a punto dei provvedimenti. Centrale, in questo senso, è la riunione – convocata d’urgenza per domani nel primo pomeriggio – del Comitato tecnico scientifico (Cts) con il ministro della Salute Roberto Speranza. E’ proprio in questo contesto che si discuterà delle nuove misure da varare.

E, a parte (per ora) il lockdown totale, nessun provvedimento viene escluso a priori, visto l’aggravarsi della situazione. Dal coprifuoco per i locali al divieto di vendita di alcolici dopo una certa ora, alla sosta off limits in piedi fuori dagli stessi bar e pub; dall’estensione del lavoro a casa alla riduzione della percentuale di passeggeri sui mezzi pubblici, allo stop agli spostamenti tra regioni, tutto è in teoria possibile.

«Bisogna avere la forza di prendere in carico questa fase nuova immediatamente – dice Speranza -. Abbiamo un piccolo vantaggio rispetto ad altri Paesi ma non ci si devono fare illusioni e se siamo veloci a capire che c’è un cambio di fase possiamo evitare misure più drastiche». Insomma, rigore ora per non dover chiudere tutto di nuovo, come ha detto il premier Giuseppe Conte alcuni giorni fa. E quindi domani si valuterà cosa fare. Probabile che scattino prima di tutto limitazioni per eventi pubblici e feste private, compresi nozze e battesimi, fino ai funerali. In Sardegna la Regione ha deciso di aprire i palazzetti dello sport fino a 700 persone (misure analoghe sono state già adottate anche altrove), ma nel nuovo Decreto potrebbe tornare la soglia non superabile dei 200 spettatori. Altra questione topica i trasporti pubblici: l’80 per cento della capienza, molto superiore a quanto indicato dal Cts, potrebbe essere ridimensionata come soglia.

La situazione sembra sfuggire di mano, con una crescita dei contagi non esponenziale, ma costante e per ora inarrestabile. Si pensa, con preoccupazione, alla saturazione delle strutture sanitarie per l’afflusso di malati in reparti ordinari e di terapia intensiva. Secondo lo studio strategico per la fase autunnale-invernale, con l’indice di contagiosità Rt superiore a 1,2 – livello già raggiunto in Campania -, in 2-3 mesi gli ospedali avrebbero un sovraccarico. Considerando che non si è ancora entrati nella fase dell’influenza stagionale – il cui picco si attende tra febbraio e marzo -, gli esperti auspicano misure efficaci e valide per 6 mesi. Anche a questo scopo si valuterà l’impiego dei test rapidi al fianco dei tamponi diagnostici, per tentare di diluire le file di ore in auto che si vanno sempre più formando ai drive in delle grandi città.

Intanto il dibattito tra Stato e Regioni non si spegne. Il governatore della Liguria Giovanni Toti torna ad ammonire sui rischi per l’economia derivanti da nuove chiusure. «I contagi crescono in tutta Italia ed è giusto pensare a misure – dice l’esponente di centrodestra da poco rieletto -, soprattutto in specifiche aree, per contenerli. Ma c’è un’altra cosa che non cresce: il Prodotto Interno Lordo. Siamo a meno 10%». Nel napoletano e in provincia di Bologna, però, dei locali sono già stati chiusi per assembramenti da movida. Nel secondo caso, ad Anzola Emilia, un bar era stato trasformato in discoteca con 200 persone e resterà sbarrato per 30 giorni. A Portici, invece, in provincia di Napoli, un pub è stato chiuso per 5 giorni per mancato rispetto del distanziamento sociale.

Tentativi localizzati di fermare quella che si teme diventi un’onda di piena dei contagi, dopo 4 mesi estivi di libertà quasi totale in Italia. Prova a rassicurare Filomena Maggino della task force di Palazzo Chigi per la Fase 2: «Il Paese ha dei numeri che non giustificano una chiusura totale in questo momento». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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