Catania – In qualche modo ne usciremo, sperando che chi di dovere sappia come. Per chi vive di commercio confusione e incertezza sono al massimo livello in questa fase, nel susseguirsi di ordinanze e decreti, nell’attesa di zone e colori da confermare o cambiare in base all’evoluzione dei prossimi dati sul contagio, mentre alcune decisioni, certo difficilissime per chiunque, andrebbero prese subito, perché il Natale in avvicinamento porta sì un po’ di speranza ma anche ulteriori problemi; perché è in questo periodo strategico e decisivo per il commercio in agonia, eppure anch’esso bloccato dal Covid, che gli esercenti di qualunque settore devono programmare e investire in vista dei giorni che storicamente rilanciano i consumi anche nei momenti peggiori, ma come questo mai, dal dopoguerra a oggi.
Quanto avvenuto domenica scorsa – una sorta di “giallo della mafaldina” che ha lasciato diversi catanesi senza pane, mentre tanti altri lo avevano acquistato il sabato per due giorni – fotografa questo periodo confuso e incerto più di tante parole. «L’ordinanza regionale di giovedì sera prevedeva per domenica una chiusura totale compresi prodotti d’asporto e panifici a eccezione come sempre di farmacie, tabaccai ed edicole – dice il vicepresidente di Confcommercio Catania Dario Pistorio -, venerdì pomeriggio dopo una serie di proteste è stato annullato il divieto per l’asporto, e solo sabato pomeriggio è stato diffuso un chiarimento che autorizzava l’apertura domenicale dei panifici, di cui però non tutti sono venuti in tempo a conoscenza». «C’è stata molta confusione su questa ordinanza, molti panifici storicamente aperti ogni domenica sono rimasti chiusi con una pesante perdita economica – dice la presidente provinciale di Assipan Confcommercio Giusy La Cava – mentre chi ha aperto ha avuto la fila di clienti fuori dalla porta, così si rischia una guerra dei poveri, molti avevano avvisato i clienti della chiusura, salvo poi vedere altri panifici aperti».
«In questa fase il settore ristorazione e catering è completamente azzerato – aggiunge Pistorio che è anche presidente regionale e provinciale di Fipe Confcommercio – a eccezione di pochi tentativi di aperture sabato e domenica mattina col delivery. Non vi è alcuna certezza su cosa intendano fare il Governo e la Regione, è sparito anche il confronto con le categorie, c’è la totale confusione su cenoni, aperture, orari, restrizioni e blocchi di mobilità, mentre a prescindere dai ristori e dalla loro efficacia restano gli affitti da pagare e i prestiti da restituire. Se questa è la situazione allora sarebbe stata meglio una zona rossa adesso e un’apertura a dicembre». Tra le attività in perdita un po’ meno peggio va ai bar che hanno puntato sull’asporto, ma molti hanno anche chiuso. «Il calo è intorno al 60% per i bar che si difendono con l’asporto, che invece sta andando bene per le pizzerie, con un più 30/40%». Abbigliamento e calzature al tracollo, perché non c’è dove andare, con la flebile speranza dei consumi natalizi e delle luminarie che comunque il Comune accenderà, anche nel fine anno più buio dal dopoguerra a oggi.