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Covid, a rischio 83 mila posti tra ristorazione, sport, spettacolo

Di Daniele Ditta |

Palermo. Gli esercenti che hanno chiesto a gran voce una norma per allargare le maglie dei divieti anti Covid in Sicilia vedono il bicchiere mezzo vuoto dopo il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale e già trasmesso all’Ars.

Quei quattro articoli senza alcuna misura specifica sull’allungamento degli orari di apertura, possibile solo in relazione all’«andamento epidemiologico», non spostano molto la situazione di grande difficoltà che stanno vivendo le imprese colpite dall’ultimo Dpcm. A maggior ragione se, come ha detto ieri lo stesso governatore Nello Musumeci, «nessuno qui vuole riaprire subito».

Ma se anche in un futuro indefinito dovesse esserci qualche spiraglio, successivo all’ok dell’Ars, potrebbe non bastare per certe attività economiche. È il caso ad esempio dei cinema, che devono necessariamente programmare le proiezioni in sala: «Se restiamo bloccati – dice Andrea Peria, titolare di tre cinema a Palermo e presidente provinciale dell’Anec (Associazione nazionale esercenti cinema) – non siamo più appetibili per le società di distribuzione dei film, che prendono il 40% sul nostro fatturato. Se non fatturi, quindi, i distributori non ti vendono i film. E non te li venderanno nemmeno dopo. Piuttosto si orienteranno sulle piattaforme telematiche come Netflix. Lo hanno già fatto a marzo quando è scattato il lockdown e nei mesi a seguire. Le sale cinematografiche subiranno danni tangibili da questo Dpcm perché non avranno il prodotto».

Per i distributori i film nuovi hanno redditività se escono contemporaneamente in tutta Italia. «Ringraziamo il presidente Musumeci – prosegue Peria – perché si è reso conto che certe categorie sono davvero in difficoltà. Ma se l’Italia resta chiusa e la Sicilia apre, noi sempre senza prodotto saremo. Al massimo potremo lavorare con le vecchie pellicole».

Una situazione da vicolo cieco, che arriva dopo gli sforzi fatti per adeguarsi alle norme anti Covid. «Abbiamo garantito il distanziamento sociale, la rilevazione della temperatura corporea, il tracciamento dei clienti, l’uso delle mascherine – sottolinea il presidente dell’Anec Palermo – riuscendo a riconquistare il pubblico. Nelle sale siciliane poi non c’è stato nessun caso di Coronavirus. A settembre abbiamo lavoricchiato, ora è arrivata questa doccia fredda che vanifica tutto. Cosa possono fare i governi nazionale e regionale? Darci liquidità per pagare mutui e affitti, visto che fino al 31 gennaio c’è la copertura per la cassa integrazione ai lavoratori. Attendiamo dalla Regione gli indennizzi per il mancato sbigliettamento e dallo Stato i fondi del decreto “Ristori”». Per le 125 sale cinematografiche presenti in Sicilia, la salvezza passa però da una riapertura entro novembre: «Se riusciamo a prendere il treno per il Natale – sostiene Peria – c’è qualche speranza, altrimenti nel 2021 ci saranno dal 10 al 20% di sale in meno nell’Isola».

I consulenti del lavoro, a tal proposito, hanno già calcolato i dipendenti che in Sicilia rischiano di perdere il posto a causa del Dpcm: ben 83.300, divisi tra ristorazione (74.900), attività artistiche (6.300), sportive e di intrattenimento (2.100). Si tratta, innanzitutto, di lavoratori molto giovani e con contratti precari. Il 41,3% degli occupati nei tre settori ha infatti meno di 35 anni e solo il 42,7% è assunto a tempo indeterminato. Nella ristorazione, settore di gran lunga più rilevante dal punto di vista numerico, c’è già chi è pronto a gettare la spugna. Lo chef palermitano Filippo La Mantia è uno di questi: «Sono pronto a consegnare le chiavi del mio locale a Conte. O chiudiamo tutto 24 ore su 24 o non ha senso fermare il comparto ristorazione».

Sulla stessa scia Dario Pistorio, presidente regionale Fipe Confcommercio, che lancia la sua di proposta: «Riapriamo immediatamente, poi valutiamo caso per caso. Se c’è un Comune con un’impennata di positivi al Coronavirus, la Regione e i sindaci – massima autorità a livello cittadino – possono dichiarare “zona rossa” e chiudere tutto. Con questo Dpcm c’è chi tra i nostri associati c’è chi preferisce tenere abbassata la saracinesca». Sul ddl deroghe della Regione, infine, Pistorio invita «l’Ars a fare in fretta» anche se ritiene che «non sarà né d’immediata applicazione né risolutivo. Aspettiamo fatti concreti». E intanto cresce lo stato di agitazione dei pubblici esercenti: domani la Fipe scenderà in piazza in due differenti manifestazioni programmate a Catania e Palermo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA