Coronavirus, quando scatta la fase 2? Ecco cosa dicono i numeri e gli epidemiologi

Di Manuela Correra / 02 Aprile 2020

ROMA – E’ ancora plateau. I numeri dell’epidemia di Covid-19 in Italia ci descrivono un trend che si sta infatti sostanzialmente stabilizzando di giorno in giorno, con la conferma di un rallentamento dei nuovi casi. Ma perchè la curva epidemica segni l’attesa inversione di tendenza, ovvero inizi ad evidenziare una sostanziale diminuzione di contagi, secondo gli epidemiologi bisognerà attendere almeno 1-2 settimane ancora. Solo dopo Pasqua, se non a maggio, si potrà dunque pensare all’avvio della “fase 2” di riapertura del Paese, quella di convivenza con il virus, ma sempre – è il monito degli esperti – con estrema cautela e un criterio di gradualità.

Da qualche giorno, ha sottolineato il commissario Angelo Borrelli alla conferenza stampa della Protezione civile, «cioè almeno dal 27 marzo, stiamo assistendo ad una serie di valori che si stanno stabilizzando». I numeri di oggi indicano 83.049 contagiati, con un aumento di 2.477 casi in 24 ore contro i 2.937 di ieri. Rispetto a mercoledì, sono 1.431 in più le persone guarite, mentre resta alto il numero dei decessi: 760 nelle ultime 24 ore, 33 più di ieri.

Il dato positivo, ha sottolineato Borrelli, è che «stiamo assistendo ad una riduzione degli incrementi dei ricoverati e dei pazienti in terapia intensiva». Fondamentale, ha ribadito, è però «mantenere alta l’attenzione, perchè si potrebbero innescare meccanismi repentini di riavvio del contagio».

Il trend stabile nel rallentamento dei nuovi casi è un primo passo per l’epidemiologo dell’Università di Pisa Pierluigi Lopalco, ma «per una diminuzione sostanziale dei casi bisognerà aspettare almeno due settimane». Va però considerato un aspetto, spiega: «Il trend è trascinato da ciò che succede in Lombardia, quindi nei prossimi giorni la curva potrebbe avere ancora una coda allungata proprio per effetto di nuovi casi in altre aree e Regioni».

Per il momento, sottolinea, «al Centro-Sud c’è una crescita costante e non esponenziale dei contagi, ma ci sono tanti focolai che si accendono e che vanno spenti subito». Un parametro cruciale da considerare sarà ora l’indice di contagio R con zero: «Dobbiamo portarlo almeno al valore 1, quando un soggetto positivo contagia in media un solo altro individuo, il che rende la trasmissione lenta e controllabile». Sotto il valore 1, invece, la trasmissione si interrompe: «Questo è un traguardo certamente non immediato, anche se rappresenta l’obiettivo finale».

Il monito degli esperti è dunque quello di non affrettare i tempi, perchè il rischio di una ripresa dei contagi è concreto. Considerando l’attuale fase di plateau, è l’analisi del virologo Fabrizio Pregliasco dell’Università di Milano, «verosimilmente la fase due di graduale riapertura potrà partire non prima di maggio ma mantenendo comunque delle misure di sicurezza come il distanziamento. L’ipotesi di una riapertura scaglionata sarebbe inoltre la più opportuna, con una priorità per tipologia di attività». Inoltre, «quando arriverà la validazione ufficiale che indichi quali sono i più efficaci test sierologici per la rilevazione degli anticorpi al SarsCov2, dovranno essere avviati screening ampi ma mirati su categorie della popolazione. Il risultato di positività, ovvero la conferma che si sono sviluppati anticorpi al virus – rileva – potrebbe anche diventare un parametro sulla cui base organizzare il graduale rientro alle attività lavorative». Insomma, «è ancora presto per la fase 2, ma di certo – conclude Lopalco – si dovrà pensare per tappe e scaglionata».

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