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Coronavirus, proiezione shock per la Sicilia: «Fra un mese 3.300 ricoveri e 470 intubati»

Di Redazione |

Ma è ancora possibile descrivere l’emergenza Covid in Sicilia senza buttarla in caciara (e cioè in politica), né farsi tirare per la giacchetta da guelfi-negazionisti o ghibellini-catastrofisti? Ci proviamo. Partendo dai numeri.

I dati oltre il bollettino

Al di là della statistica quotidiana, ben poco indicativa, sui nuovi casi (ieri 1.083, in calo rispetto a sabato così come il numero di tamponi, scesi a 6.894), bisogna soffermarsi sul tasso di contagiati e sul relativo trend di crescita. Per avere dei termini di paragone: nell’ultimo bollettino dell’Istituto superiore di Sanità, decisivo per l’istituzione della zona arancione, in Sicilia il rapporto contagiati/tamponi, fra il 19 e il 25 ottobre, era del 9,5% (2.056 su 21.754), in aumento rispetto al 7,9% di sette giorni prima. La stessa percentuale, aggiornata a ieri, è pari al 15,7%. E il tasso sale ancora di più se, come fa il ministero della Salute, si calcola il rapporto giornaliero tra nuovi contagi e persone testate (dato, quest’ultimo, diverso dal numero di tamponi, perché ottenuto scremando gli screening di massa e i re-testing degli stessi soggetti): in Sicilia ieri è del 24%, a fronte di una media nazionale del 27,4%).

E sono tutte cifre in rapida evoluzione: dal 1° novembre a ieri, infatti, l’Isola registra un +36,84%, al quarto posto in Italia per tasso d’incremento settimanale dopo Basilicata (49,98%), Campania (45,84%) e Calabria (40,58%). Ogni 100mila siciliani ci sono 625 positivi, comunque molto meno dei 1.549 della media in Italia.

Ma c’è un altro dato che dovrebbe spegnere, prima ancora che ogni barlume d’ottimismo, tutte le ormai anacronistiche polemiche sulla colorazione del rischio: ieri, con 177 contagiati intubati, la Sicilia ha ufficialmente toccato il livello di saturazione dei posti in terapia intensiva, ovvero il 30% (pari a 176) sulla capienza di 588 posti complessivi, compresi quelli per pazienti non Covid, comunicata al ministero della Salute. I ricoverati con sintomi, che crescono al ritmo di circa 100 al giorno (al netto di morti e guariti) sono in questo momento 1.250. E dunque in veloce avvicinamento all’altra soglia (il 40% di occupazione dei posti di degenza in aree mediche) che secondo l’Iss già il 25 ottobre in Sicilia aveva «più del 50%» di probabilità di «una escalation a rischio alto nei prossimi 30 giorni».

Caos in corsia (e in giro)

La cronaca ci racconta un’Isola dal doppio volto. Quello più evidente è la folla in strada. Emblematiche, ieri, le foto di caos balneare (a Mondello e a San Giovanni Li Cuti) e al centro di Palermo e Catania, ma in tutte le città siciliane la prima domenica di arancione è stata vissuta all’insegna della spensieratezza. Tanto da far dire a Carmelo Iacobello, primario di Malattie infettive al Cannizzaro di Catania: «Il quadro è talmente grave che il governo, più che dividere l’Italia in fasce di colore, avrebbe dovuto porre tutti in un nuovo lockdown generale».

In corsia c’è ben poco da stare allegri. Renato Costa, commissario per l’emergenza Covid a Palermo, ammette a Repubblica Palermo una «forte pressione sui nostri ospedali», nonostante la quale «abbiamo garantito l’assistenza sanitaria ordinaria anche a pazienti non Covid». E il Cimo, sindacato dei medici ospedalieri, disegna la mappa palermitana di ieri sera: «Al pronto soccorso dell’Arnas Civico stazionano 45 Covid positivi e circa 40 pazienti al Cervello. Tutti in attesa di ricovero. E ancora il pronto soccorso di Villa Sofia: 63 pazienti in trattamento, altri 22 in attesa per un totale di 85 malati».

La situazione di Catania, aggiornata ieri da Giuseppe Bonaccorsi nelle nostre pagine, non è tanto diversa: 12 pazienti in attesa al pronto soccorso del Cannizzaro; in sofferenza anche il Policlinico (nonostante l’aumento di 8 posti in emergenza), dove la rianimazione ha gli ultimi letto disponibili; già saturo il San Marco, che ha dovuto intubare due pazienti provenienti dal Garibaldi, in cui è esaurita la capienza (19 posti) in intensiva e ci sono già 100 pazienti Covid nei reparti ordinari.«Se entro dieci giorni la situazione non si normalizza, ci saranno inevitabilmente problemi seri», rivela il commissario Costa. Riconoscendo che «se la curva dei contagi non si abbasserà, sarà necessario sospendere le attività ordinarie e chirurgiche se non quelle urgenti, utilizzando gli anestesisti per l’emergenza».

Una ragione in più per accelerare il piano con cui la Regione annuncia il potenziamento della rete anti-pandemia negli ospedali. Nel vertice con tutti i manager sanitari siciliani, sabato, il governatore Nello Musumeci ha chiesto di anticipare al 15 novembre gli obiettivi finali (3.196 posti di degenza ordinaria e 416 in terapia intensiva, tutti dedicati soltanto al Covid) fissati inizialmente a fine mese nella mappa approvata dal Cts regionale.

La proiezione-shock

Non c’è tempo da perdere. Anche perché non è detto che persino questa capienza declinata al futuro prossimo sia sufficiente. Non lo sarebbe se si confermasse la proiezione-shock di Giuseppe Natoli, statistico e data manager dell’unità di Medicina interna dell’ospedale Civico di Palermo: «Fra un mese esatto, l’8 dicembre, in Sicilia il numero di ospedalizzati Covid sfiorerà quota 3.300 e i ricoverati in terapia intensiva saranno nell’ordine dei 470». Uno degli step intermedi: a fine novembre quasi 2.500 pazienti ricoverati con sintomi, con 370 intubati in rianimazione. Numeri da brivido, borderline persino rispetto al più ottimistico piano attuale della Regione.

«La curva continua ad avere un andamento esponenziale – spiega Natoli a La Sicilia – senza alcun accenno di rallentamento: in questo momento il fantomatico plateau non è visibile». Previsioni da paura, che ci guarderemmo bene dal diffondere se non fossero elaborate da un professionista serio e molto stimato, che pubblica i suoi report sul portale SanitàInSicilia. Tanto più che l’ultima proiezione pubblica di Natoli (un mese fa, quando i ricoverati nell’Isola erano 400, stimò «oltre 1.200 ospedalizzazioni» ai primi di novembre), benché accolta dallo scetticismo di politici ed epidemiologi, s’è rivelata corretta. Addirittura con un arrotondamento per difetto rispetto alla realtà, nel registro del «modello protettivo», cioè al ribasso, dello statistico palermitano.

Ma la previsione di Natoli – ed è lui stesso che lo precisa – per il prossimo mese è tarata «al netto delle ultime misure di contenimento e di quelle che verranno eventualmente introdotte». Insomma, non tiene conto né della stretta in vigore da sabato, né di un ipotetico lockdown-bis nazionale. «Pur non essendoci una serie storica assimilabile a chiusure parziali – spiega il data manager del Civico – anche gli effetti di una chiusura totale non cominciano a vedersi prima di 20-30 giorni. Figuriamoci quelli di misure parzialmente restrittive». E dunque, nella Sicilia arancione con troppa gente ancora in strada, il rischio di uno scenario pesantissimo non è soltanto un disegnino da esorcizzare.

Twitter: @MarioBarresi

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