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Coronavirus in Sicilia, “preoccupa” sempre Catania (e Ragusa va monitorata)

Di Redazione |

Catania è ancora in area rossa e cioè vi è un numero di casi di coronavirus ogni 100 mila abitanti ancora piuttosto alta (rispetto al resto della Sicilia) e soprattutto vi è anche un (ancora) preoccupante aumento dei casi rispetto alla scorsa settimana.

E’ l’elaborazione fornita dalla Fondazione Gimbe guidata da Nino Cartabellotta che ha diffuso questo grafico e che offre una sorta di bollettino quotidiano con una serie di dati che fotografano l’epidemia di coronavirus in corso. 

Catania è l’unica provincia nella area rossa del grafico di Gimbe, ma anche Ragusa, Siracusa, Caltanissetta e Palermo vanno monitorate perché pur essendoci un numero di casi rispetto alla popolazione ancora piuttosto bassa, vi è però un alto (molto alto per Ragusa) aumento dei casi in percentuale rispetto alla settimana precedente. 

A Enna e Messina i casi rispetto alla popolazione sono ancora piuttosto alti, ma la crescita percentuale è in discesa. Le unice province in zona verde sono Trapani e Agrigento, dove cioè vi è una bassa crescita percentuale dei casi e un aumento rispetto alla settimana precedente ancora piuttosto bassa. 

«Alcune aree del Paese dovranno sottostare a restrizioni eccessive, che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria. Per altre, la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro la maggior parte si concentra proprio nelle Regioni dove l’epidemia è meno sotto controllo» ha detto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, rispetto al dpcm del 26 aprile che prevede un programma di riaperture di attività omogeneo per tutto il territorio nazionale.

«A 4 giorni dall’avvio della fase 2 – afferma Cartabellotta, – il nostro monitoraggio indipendente sulle variazioni settimanali documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea».

Se da un lato la Fondazione Gimbe condivide il principio di graduale riapertura del Governo, dall’altro rileva che l’avvio della fase 2 «non rispecchia il principio della massima prudenza perché non tiene in considerazione le notevoli eterogeneità regionali delle dinamiche del contagio». Nella settimana 22-29 aprile infatti l’80% sia dei nuovi casi, sia dei nuovi decessi si concentra in sole 5 regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria». Mentre le Regioni del Centro (eccetto le Marche) e soprattutto del Sud «hanno prevalenza e incrementi percentuali sotto la media nazionale».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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