«Abbiamo adottato fin dall’inizio la linea rigore che finora ha pagato, ma sappiamo benissimo che il picco deve arrivare e lo aspettiamo per la metà di aprile». Lo ha detto Nello Musumeci, governatore siciliano, a Omnibus La7.
«Abbiamo 1.718 positivi, 72 pazienti in terapia intensiva e 86 guariti e abbiamo registrato 88 perdite – ha detto – con quattro zone rosse».
«Sono molto preoccupato – ha detto – dell’atteggiamento di relax che ha assunto la popolazione del Sud e in particolare di quella della Sicilia negli ultimi giorni. C’è una sorta di liberi tutti. La errata consapevolezza che il peggio sia passato. Chi fa questo è un irresponsabile e mette a rischio la propria vita e quella degli altri. La linea del rigore e della intransigenza finora ha pagato. Ma sappiamo che il picco deve arrivare e lo aspettiamo per questo mese».
«Oggi – ha proseguito – farò un giro di telefonate ai nove prefetti dell’Isola per chiedere di intensificare i controlli e sanzioni gravissime per chi si fa trovare in giro senza una giustificazione accettabile».
E alla domanda sui macchinari richiesti e sui dispositivi di protezione individuale arrivati (o non arrivati…) in Sicilia, il presidente è stato netto: «Negare che ci sia stato un ritardo, significa negare che ci sia il buio a mezzanotte e la luce di giorno. Questo lo riconoscono tutti, compreso Borrelli. Ma non è il momento di polemizzare. Si era detto sin dall’inizio che l’unità di crisi nazionale avrebbe provveduto a trasferire in periferia sia i Dpi ma anche i ventilatori. Noi stiamo preparando i posti in terapia intensiva ma ci vogliono i ventilatori, apparecchiature che sul mercato non si trovano e non è una questione di soldi. Ne sono arrivati ma in quantità non sufficiente. Abbiamo provato a reperirle sul mercato, ma per diverse ragioni il risultato è stato deludente. Ci siamo anche rivolti a mercati stranieri e non mi sento di anticipare nulla. E’ arrivata qualche decina di migliaia di dpi, ma non era quello indicato sulla confezione e tutto questo ha creato malumore soprattutto tra operatori sanitari. Ci sarà stato sicuramente qualche errore iniziale, ma quando si è in guerra non è questo il tempo dei processi».