LONDRA Investita da una popolarità improvvisa, quanto globale e in fondo non cercata, Elisa Granato difende la privacy, ma rassicura tutti sulle sue condizioni dopo essere diventata la seconda volontaria in assoluto a testare il prototipo di vaccino sviluppato dall’università di Oxford: «Sto benissimo!», fa sapere attraverso i social media, aggiungendo un «fin qui» di prudenza. Giovedì 23 è stata proprio lei, ricercatrice d’origini familiari italiane cresciuta in Germania, a inaugurare in veste di «cavia» nel giorno del suo 32esimo compleanno, subito dopo il collega oncologo Edward O’Neill, la prima fase clinica di sperimentazione umana del vaccino messo a punto dal Jenner Institute: il dipartimento di virologia dell’ateneo oxfordiano. Trial molto attesi, e non solo nel Regno Unito, sulla scia dell’ottimismo manifestato dalla responsabile del progetto, la professoressa Sarah Gilbert.
Tra gli oltre mille volontari che si sono offerti di sottoporsi ai test, Granato – studiosa di zoologia e microbiologia nella stessa prestigiosa università – non ha avuto esitazioni ad aderire con entusiasmo e coraggio. La sua prima iniezione è stata addirittura trasmessa in diretta tv dalla Bbc, anche se nessuno sa, tanto meno l’interessata, se le sia stato inoculato il prototipo di vaccino o un placebo: secondo il protocollo abituale di questo tipo di sperimentazioni. «Sono una scienziata e volevo dare il mio sostegno a un progetto scientifico – ha dichiarato alla Bbc -. Personalmente nutro un certo grado di fiducia su questo vaccino». Ottimismo confermato anche nel thread, sorta di diario online pubblicato da stamane sul profilo Twitter. Realizzato anche per sfuggire alle molte richieste d’interviste e aggiornamenti sul suo stato fisico.
«Volevo ringraziare tutti per i messaggi positivi che sto ricevendo – ha scritto Granato in inglese -. Non posso rispondere a tutti, ma voglio assicurare che li ho molto apprezzati. Sto ricevendo tonnellate di domande riguardo alla sperimentazione». Interrogativi e curiosità sulla sua esperienza, sul tipo di vaccino usato e soprattutto sulla sua salute. «Sto davvero bene – ha insistito – e il team di Oxford sta facendo un lavoro fantastico nel controllarci e sostenere tutti i partecipanti». Il vaccino non contiene proprio il Covid-19, c’è solo una piccola parte (del suo genoma, ndr.) inserito in un virus differente e non nocivo. In questo modo si evita che possa propagarsi, «ma può potenzialmente (e c’è da augurarselo) attivare il sistema immunitario e proteggerci così dal Covid-19», ha poi spiegato. Oxford sta usando una tecnologia per questo progetto di vaccino già sperimentata con successo su altri coronavirus in passato. «Non verrò infettata di proposito col Covid-19, lo studio punta alla produzione di anticorpi, al di là degli eventuali effetti collaterali (come leggeri stati influenzali), e alla copertura immunitaria nel mondo reale nei prossimi mesi», ha concluso con occhio da ricercatrice. Come ad analizzare se stessa per cercare di aiutare il mondo. (ANSA).