Coronavirus e povertà: ecco a chi andranno (e come) i 100 milioni della Regione

Di Mario Barresi / 30 Marzo 2020

Catania. A conti fatti la Regione sta mettendo sul piatto più del doppio dello Stato per i generi di prima necessità ai siciliani più bisognosi, vittime sociali della pandemia. La destinazione, in entrambi i casi, sono i 390 comuni dell’Isola: saranno i sindaci, “sportellisti” del disagio e della rabbia che montano, a gestire queste risorse destinate all’acquisto di generi alimentari e buoni spesa.

Partiamo dai fondi a disposizione. Sui 400 milioni stanziati dal governo nazionale, in Sicilia arriveranno 43,4 milioni: il 10,75% del totale, messo nero su bianco dall’ordinanza firmata ieri sera dal capo della Protezione civile nazionale. L’intero plafond è suddiviso ai Comuni per l’80% (320 milioni) in base al numero di residenti, e all’Isola vanno 26,4 milioni. Il restante 20% è attribuito con un correttivo. Una sorta di “indice di necessità”, calcolato con la differenza fra il reddito pro capite nel singolo comune e il valore medio nazionale, ponderata con la popolazione. E alla Sicilia, già povera prima della pandemia, in percentuale vanno molte più risorse: 17 milioni, il 21,25% degli 80 milioni assegnati con questo criterio. Fra i capoluoghi a Palermo andranno 5,5 milioni, a Catania 2,5 milioni e a Messina 1,7 milioni. Tutti gli altri comuni sono sotto la soglia del milione.

Tutti soldi che, precisa il presidente di Anci Sicilia, Leoluca Orlando, «rappresentano solo un’anticipazione dei trasferimenti statali ordinari, già spettanti ai Comuni, che li percepiscono nel primo semestre di ogni anno». E poi «per molti enti risorse finanziarie insufficienti rispetto alle attuali necessità di cassa per erogare i servizi e pagare gli stipendi dei dipendenti».

Lo stanziamento del governo regionale (100 milioni) sabato ha anticipato di mezza giornata la misura a livello nazionale. E Nello Musumeci, nel confronto in giunta, ha sciolto il nodo della destinazione: «Devono andare direttamente ai sindaci siciliani, che sono in trincea anche rispetto alla bomba sociale». Subito archiviate altre ipotesi, fra le quali un mega-bando regionale destinato alla grande distribuzione per buoni-pasto e derrate. Le risorse dovrebbero arrivare dai plafond europei di Poc e Fse, ma è in atto un approfondimento degli uffici sulla compatibilità dell’utilizzo straordinario dei fondi con il quadro normativo nazionale e comunitario. Lo storno, garantiscono da Palazzo d’Orléans, sarà comunque «a saldo zero» rispetto ai progetti già finanziati con i 100 milioni.

Anci Sicilia ha stilato un documento di sei punti inviato alla Regione. Oltre all’«apprezzamento per l’intervento» i sindaci esternano tre «necessità»: di «chiarire che si tratta di risorse aggiuntive rispetto a quelle già previste per i Comuni», di definire «con chiarezza la platea dei beneficiari già dalla norma regionale, consentendo ai comuni l’eventuale possibilità di destinare risorse residue ad altri soggetti» e di «individuare i beneficiari consentendo l’acquisto di beni alimentari e farmaci e il pagamento delle prime necessità (bolletta della luce, bombola del gas, ecc.) tenendo conto dell’assenza di reddito sufficiente, di pensione diversa da quella sociale o di reddito di cittadinanza inferiore ai 600 euro». L’Anci, nell’attuazione delle misure, oltre a un «modello di “ordinanza tipo” da allegare al provvedimento regionale», anche di «prevedere per i comuni la doppia possibilità di acquisire le risorse al fine di erogarle direttamente o di utilizzare la distribuzione delle derrate alimentari e generi di prima necessità tramite gli enti accreditati per le attività di Banco alimentare, sulla base di una gara regionale per l’acquisizione dei beni stessi».

«Valutazioni e proposte» che Antonio Scavone assicura di «fare proprie». L’assessore alle Politiche sociali sta studiando la proposta di delibera. Sul suo tavolo, giusto come pro memoria, report e statistiche sulla fragilità sociale di un’ampia fascia di cittadini siciliani. Si parte da una rielaborazione dei più recenti dati Istat, secondo i quali su un totale di 1,8 milioni di famiglie italiane in stato di “povertà assoluta”, l’incidenza nelle Isole è del 10,8% sulla popolazione: la stima, in Sicilia, è di circa mezzo milione di persone. Ancora di più le famiglie siciliane in stato di “povertà relativa” (difficoltà nell’acquisto di beni e servizi minimi): il 22,5% nel 2018. In questo caso, incrociando altri parametri economici, la stima della Regione è che circa 2 milioni di persone si trovino in condizioni di difficoltà. E non è un caso che la Sicilia sia seconda soltanto alla Campania per numero di destinatari di reddito e pensione di cittadinanza. In tutto 184.127 famiglie coinvolte (475.390 persone), con un assegno mensile medio di 549,59 euro secondo il report Inps aggiornato a gennaio 2020. Dati cresciuti nei primi mesi dell’anno: i nuclei familiari coinvolti dal sussidio sono già 221.194. A questa platea si aggiunge un ingente numero di “sussidiati” con varie misure: fra Pip, Asu, Rmi, cantieri di lavoro e tirocinanti, almeno altri 70mila in tutto.

Ma non è a loro che si guarda. Scavone ipotizza «un target che fino a ieri non aveva titolo per accedere al reddito di cittadinanza e, comunque, in alcun modo pensava di potersi ritrovare in una situazione emergenziale, come quella odierna, con affitti o mutui da pagare e, addirittura, con difficoltà ad acquistare beni di prima necessità per sopravvivere». L’assessore alle Politiche sociali pensa, ad esempio, «anche agli ambulanti di frutta e verdura, che nella nostra isola sono capillarmente diffusi, ai piccoli commercianti dei mercatini rionali, ai piccoli gestori di bar e ad altre disparate attività minute». In sintesi: i «nuovi poveri».

Come verranno distribuiti, allora, i 100 milioni della Regione? L’ipotesi sul tavolo è «un contributo una tantum, rendicontabile, da ripartire, a tranche successive» ai Comuni. L’idea iniziale era di un 50% subito, ma all’assessorato vorrebbero prima studiare l’impatto del criterio semplicemente demografico (fondi in base al numero di abitanti), tarandolo in base a specifiche differenze fra aree metropolitane e interne, ma anche fra singole realtà territoriali. E dunque la prima erogazione potrebbe essere di una trentina di milioni. A chi andranno questi soldi e per fare cosa? La soluzione allo studio della Regione coincide con le richieste di Anci: un contributo «in forma diretta o attraverso voucher, che abbia come beneficiari, i soggetti privi del reddito di cittadinanza o di altre fonti di reddito ovvero, con un reddito di cittadinanza o di pensione sociale inferiore a 600 euro mensili o, ancora, i nuclei familiari più esposti ai rischi derivanti dall’emergenza da coronavirus o secondo ulteriori, omologhi criteri integrativi» di Palazzo Chigi.

Orlando chiede al governo regionale che «tali risorse posano essere erogate nei tempi più stretti». Più che un’esigenza dei sindaci, una necessità per la tenuta sociale della Sicilia.

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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