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Violenza, report Ggil: «Il 47% delle donne catanesi over 60 ha subito minacce e aggressioni»

 I dati sono stati resi noti stamane a Catania durante una tavola rotonda dal titolo 'Insieme possiamo dire basta!' organizzata da Cgil, Spi ed Auser 

Di Redazione |

Il 60% delle donne catanesi ultrasessantenni subisce "pressioni psicologiche" e comportamenti persecutori dall’ex o dall’attuale partner. Il 47% ha subìto minacce e aggressioni fisiche nel corso della vita, il 70% dichiara di avere subito minacce e aggressioni sessuali, il 40% delle quali avvenute prima dei sessant'anni. E’ quanto emerge dalle prime 100 risposte date ad un questionario anonimo distribuito dallo Spi Cgil nazionale nel quale le donne intervistate suggeriscono nel 50 per cento dei casi alle istituzioni l’avviamento di percorsi di sensibilizzazione; il 30% delle intervistate l’irrigidimento delle pene per chi commette violenza sulle donne, il 20% la formazione del personale sanitario.

I dati sono stati resi noti stamane a Catania durante una tavola rotonda dal titolo 'Insieme possiamo dire basta!' organizzata da Cgil, Spi ed Auser. A snocciolare dati e riflessioni subito dopo i saluti del segretario generale della Cgil, Carmelo De Caudo è stata la segretaria provinciale dello Spi e responsabile del Coordinamento donne per la categoria Margherita Patti, che commenta: «Ciò che emerge è che le donne più fragili, spesso sole e dipendenti dal marito o dai figli, subiscono aggressioni fisiche, pressioni psicologiche, ricatti economici, fino ai femminicidi. Le richieste d’aiuto delle donne con più di 65 anni sono in aumento. Ma il fenomeno è ancora sommerso. Spesso sono donne che hanno portato avanti la loro relazione in un periodo in cui la violenza tendeva a essere giustificata, se non considerata come un possibile metodo correttivo. Oggi le donne sono più consapevoli e hanno meno paura di denunciare. Eppure, il fenomeno resta ancora sommerso». 

Le donne in Italia continuano dunque a morire, una ogni tre giorni, per il semplice fatto di essere donne. La pratica della violenza domestica a loro danno, però, non sempre emerge, soprattutto se le donne in questione sono over 60. Donne anziane, o in procinto di diventarlo, che sono oggetto di aggressioni fisiche e sessuali e di intimidazioni. Lati oscuri che raramente vengono a galla se non quando culminano nel peggio: le tragedie familiari tra vecchi coniugi ne sono un esempio. Il Coordinamento Nazionale Donne dello Spi,  a ridosso del suo nono Congresso, ha deciso di accendere una luce sulla violenza contro tutti gli anziani, ma in particolare contro le donne over 60 attraverso un’indagine nazionale ancora in corso (la raccolta si concluderà il 13 dicembre), realizzata dall’Ires di Bologna e dall’Alta scuola Spi.

Prevenire e monitorare la violenza, però, deve passare anche dalla fiducia nel servizio pubblico e nelle loro operatrici e operatori, come ha sottolineato Concetta La Rosa, responsabile del Coordinamento donne di Catania, che oltre a ricordare la necessità di non considerare “per sempre” alcuni diritti duramente conquistati come la legge 194 sul diritto all’ aborto, ha anticipato la notizia “della sottoscrizione di una lettera di intenti con il consultorio dell’ ASP a cui seguirà l’impegno di ben quattro specialiste che cureranno quattro incontri informativi di prevenzione su tematiche legate alla violenza sulle donne che si terranno nello sportello Cgil di piazza Dante”.

Anche la responsabile delle attività parascolastiche, Pari Opportunità e Politiche giovanili del Comune di Catania, Giusy Balsamo, è intervenuta ribadendo gli sforzi delle strutture pubbliche ad assicurare servizi per tutte le donne e per i territori più difficili, dove purtroppo le violenze proliferano più che in altri. 

C’è anche chi ha voluto fare una profonda riflessione sulle giovani donne, come Adriana Laudani dell’UDI: “Dobbiamo ragionare sulle ventenni. Ci sembra davvero che possano essere più forti delle donne di un tempo? Quali sono le nuove fragilità nel vivere la relazione tra i generi? Il mondo è pieno di conflitti e per questo forse è necessaria una educazione sentimentale alla vita. I conflitti non li possiamo eliminare ma almeno possiamo lavorare affinché non siano distruttivi”. Anche la voce delle donne giovanissime hanno avuto spazio durante l’incontro, tramite l’intervento di Francesca Alessandro (UDU). Maria Zappalà dell’ UEPE (Ufficio esecuzione penale esterna) del Tribunale ha raccontato la sua esperienza con uomini maltrattanti che entrano nel circuito penale, “uomini che non cerchiamo di curare ma di introdurre in un percorso di consapevolezza”.

Per la presidente AUSER, Nicoletta Gatto, sarebbe anche il caso di “riflettere su quali altre richieste le donne di Catania debbano presentare alle istituzioni in termini di prevenzione. Tra le tante idee, potrebbe esserci quella di chiedere l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico anche da parte di chi è stato denunciato per violenza o tentata violenza dalle donne”. Di contro Josè Calabrò (presidente dell’associazione Fare stormo- Il cerchio delle donne), ha raccontato l’esperienza innovativa che in questi mesi è nata nel territorio di Misterbianco, una serie di “laboratori anti violenza di comunità”  attivi nel comune che negli anni ha registrato un cospicuo numero di femminicidi. Parole di speranza sono emerse anche da Anna Di Salvo (Associazione Città felice), che ha raccontato la spontanea e forte risposta del quartiere di San Cristoforo al femminicidio di Valentina Giunta e l’impegno delle donne femministe negli ultimi cinquant’anni contro il patriarcato, sempre all’erta sui pericoli della  mercificazione, della cancellazione e dell’ omologazione per quel che riguarda le donne. 

Elvira Morana, responsabile del Coordinamento Donne Cgil Sicilia, ha chiuso i lavori ricordando che “in Sicilia il femminicidio non viene ancora letto correttamente. È infatti avviare un osservatorio affinché se ne studi ogni aspetto e non si rincorra il problema con il solo approccio emergenziale”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA