«I giovani hanno subito due anni difficilissimi, più di noi che abbiamo una certa età e vanno aiutati: arrivano dalla scuola con due anni di Dad e hanno difficoltà enormi, oltre che di apprendimento e conoscenza anche di tipo psicologico e di disagio. Vanno ascoltati moltissimo e vanno coinvolti e resi partecipi».
Lo ha detto la ministra per l'Università e la ricerca, Maria Cristina Messa, all’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo di Catania.
«Abbiamo da dire qualcosa di nuovo ai giovani – ha aggiunto – c'è una nuova era in cui conoscenza e competenza, che sono al centro dell’università, hanno riassunto un ruolo fondamentale nel nostro Paese. Questo è un grande cambiamento di passo perché le risorse, che sono state molto poche, per il primo anno sono tantissime: 11 miliardi nel Pnrr, abbiamo aumento in bilancio i fondi per le università che tra cinque anni aumenteranno di oltre 800 milioni più di quanto c'è oggi, abbiamo investito in bandi per studenti e studentesse e tutti i percorsi per la mobilità. Il cambio di passo – ha sottolineato la ministra Messa – consiste nell’assumere sempre di più tutti i principi fondamentali che portano ad essere comunità con tutti per una grande assunzione di responsabilità comune nell’investire le risorse e ad avere una visione a lungo termine. Non possiamo pensare solo all’oggi, ma dobbiamo pensare a cosa succederà domani, tra cinque-dieci anni. Dobbiamo cercare di prevenire perché formiano ragazzi che la spenderanno nella loro vita e quindi dobbiamo essere un passo avanti rispetto a quello che succede. Le università in tutta Italia – ha proseguito – e qui anche, e in Sicilia in particolare, svolgono un ruolo di “faro” nella società che può essere offuscato, ed è successo, ma deve riprendere ad emanare la propria luce perché è un punto di riferimento estremamente importante».
«L'università è uno strumento particolare che permette di lavorare sul territorio, ma con uno sguardo internazionale: non è solo un luogo, ma guarda anche al mondo. Il cambio di passo consiste nell’assumere sempre di più tutti i principi fondamentali che portano ad essere comunità con tutti per una grande assunzione di responsabilità comune nell’investire le risorse e ad avere una visione a lungo termine. Non possiamo pensare solo all’oggi – ha osservato – ma dobbiamo pensare a cosa succederà domani, tra cinque-dieci anni. Dobbiamo cercare di prevenire perché formiano ragazzi che spenderanno la formazione nella loro vita e quindi dobbiamo essere un passo avanti rispetto a quello che succede. Puntare su reclutamento forte, di giovani, anche, possibilmente, facendo ritornare i nostri ragazzi dall’estero, per creare una circolazione di cervelli e interrompere più possibile la fuga. La prima visione – ha detto – è rendere sempre più attrattivi i percorsi universitari per studentesse e studenti a prescindere dalle condizioni economiche. Il diritto allo studio non è ancora perfetto, studiare costa. Oltre alle borse di studio, alla no tax area, con un rapporto positivo tra Governo e Regioni, dobbiamo cercare di ampliare il più possibile la platea dei beneficiari. Diritto allo studio va coniugato anche al welfare studentesco. La seconda – ha aggiunto – usare tutti i possibili strumenti di meritocrazia per un reclutamento che sia forte, che non sia soggetto a facilitazioni che non fanno bene a nessuno. Vi stimolo molto a usare il reclutamento anche discutendo di cosa è il merito, dei parametri che usciamo e che non possono essere solo le pubblicazioni scientifiche, ma – ha osservato la ministra – sono anche la capacità didattica, la terza missione, la capacità di innovare. Dobbiamo puntare – ha sottolineato – su reclutamento forte, di giovani, anche, possibilmente, facendo ritornare i nostri ragazzi dall’estero, per creare una circolazione di cervelli e interrompere più possibile la fuga. Terzo: puntare non solo sui curricula ma sulla progettualità. Dobbiamo iniziare a fare grandi progetti, dobbiamo avere idee progettuali non solo di ricerca ma anche didattica. Abbiamo di fronte – ha affermato – un mondo in cui si mischiano i saperi, in cui il modo di comunicazione e insegnamento cambia perché cambiano i giovani. Dobbiamo riuscire a coniugare investimenti in ricerca con il lavoro che i giovani faranno. La Sicilia può giocarsela tantissimo. Ha circa il 4,5% di startup e spin off a livello italiano e Catania è la sedicesima città. Cerchiamo di lavorare tutti insieme – ha concluso la ministra Messa – perché i nostri giovani non solo ci credano, ma perché abbiano ragione di crederci»