La Procura di Catania aveva chiesto gli arresti domiciliari per il rettore e nove professori, ma il gip ha disposto il provvedimento cautelare della sospensione dall’attività professionale. Nel fascicolo aperto su accertamenti della Digos della polizia sono iscritti complessivamente 66 indagati: 40 professori dell’università di Catania e 20 degli atenei di Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona. Indagate anche altre sei persone a vario titolo collegate con l’università di Catania. La Digos della Questura di Catania, oltre ai 27 concorsi ritenuti “truccati”, sta svolgendo indagini su altre «97 procedure concorsuali sulle quali – ritiene la Procura distrettuale etnea – sussistono fondati elementi di reità circa la loro alterazione».
Secondo quanto emerge dalle carte dell’inchiesta il consiglio di amministrazione sarebbe stato deciso a tavolino da Pignataro e Basile, che avrebbero stabilito anticipatamente chi doveva farne parte e avrebbero materialmente consegnato “pizzini” a Sessa e Drago, che li avrebbero distribuiti a tutti i componenti del Senato accademico. E’ uno dei particolari emersi dall’operazione “Università bandita” coordinata dalla Procura di Catania e condotta dalla Digos della Questura etnea.
I “pizzini” sarebbero stati dati non solo ai docenti ma anche al personale tecnico – amministrativo ed anche ai rappresentanti degli studenti. «C’è stata una maggioranza bulgara sulla volontà del rettore». Questo un commento intercettato dagli investigatori sull’esito della votazione per l’elezione dei componenti del consiglio di amministrazione.