Alla fine il voto “balneare” è arrivato, seppure tra nuovi “veleni” e carte bollate. Oggi l’Università andrà a votare per eleggere il nuovo rettore, nonostante si sia rischiato lo stop a causa del ricorso d’urgenza al Tar, presentato lunedì scorso dall’ex direttore amministrativo Lucio Maggio e da Attilio Toscano, in qualità di ricercatori a tempo indeterminato. I due, assistiti dagli avvocati Dario Riccioli e Pietro Sciortino, chiedevano l’annullamento, previa sospensione, delle operazioni di elezione del rettore avviate dal decano, Vincenzo Di Cataldo. Ieri, però, nel primo pomeriggio, proprio il decano ha inviato a tutti i docenti, al personale e agli studenti un breve messaggio in comunicava che «il presidente del Tar, con provvedimento comunicato all’Università alle ore 14, ha rigettato l’istanza di misura cautelare provvisoria, ai sensi dell’art. 56 c.p.a. Possiamo dunque procedere regolarmente al voto, nei seggi e nelle date previste».
Niente stop, quindi, oggi primo turno di votazioni. Cinque i candidati ai nastri di partenza, i professori Salvatore Barbagallo, Vittorio Calabrese, Agatino Cariola, Francesco Priolo e Roberto Purrello. Si vota dalle 9 alle 19, nei quattro seggi elettorali allestiti: uno nell’aula magna del Monastero dei Benedettini, uno al Palazzo centrale, due nel Dipartimento di Matematica e Informatica. Poi, dalle 19, la commissione elettorale procederà allo spoglio, nell’aula magna dei Benedettini.
Per diventare rettore al primo turno occorre raggiungere il quorum di 792 voti, ovvero la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, che sono 2.572: 1.240 docenti, 1.237 unità di personale tecnico-amministrativo (con voto ponderato corrispondente al 20% del numero dei docenti aventi diritto al voto pari a 249 voti) e 95 rappresentanti degli studenti presenti in seno al Senato accademico, al Consiglio di amministrazione e alle Commissioni paritetiche dipartimentali e di Scuola. Se nessuno raggiungerà il quorum previsto si andrà avanti con le votazioni: la seconda è fissata per il 26 agosto, la terza per il 29. Anche in queste sarà necessario raggiungere i 792 voti per diventare “magnifico”. Se nessuno ce la farà si andrà al ballottaggio, in calendario il 2 settembre: vincerà chi prenderà più voti.
Il primo test, però, sarà già importante e farà capire chi sono i candidati che possono puntare davvero alla guida dell’Ateneo. Insomma, sarà un banco di prova per misurare le forze. I rumors di queste settimane vedono “avanti” Priolo e Purrello (li indichiamo in rigoroso ordine alfabetico, ndr), ma c’è attesa per il primo verdetto delle urne che potrà già confermare o meno queste voci di corridoio. Anche perché, ci dice qualcuno, «la vera campagna elettorale comincerà dopo lo spoglio di stasera». E non è sbagliato, il primo responso potrebbe far già desistere qualche candidato e orientare voti su qualcun altro. Visto che pare ci siano ancora parecchi indecisi, veri o presunti portatori di voti. Inoltre, c’è l’incognita partecipazione, visto che siamo ancora in una settimana di ferie.
Si vedrà, di certo la partita è importante e l’Ateneo si gioca l’opportunità di rimettersi in carreggiata, provando a cancellare la vergogna dell’inchiesta “Università bandita” che ne ha azzerato i vertici e macchiato pesantemente la credibilità.
La situazione è abbastanza drammatica, con studenti ancora in fuga, soprattutto alle lauree specialistiche e le classifiche Censis che relegano l’Ateneo nelle ultime posizioni praticamente in tutte le aree disciplinari. Il nuovo rettore, dunque, avrà un gran lavoro da fare, quasi come scalare una gigantesca montagna. Da molte parti si è chiesta discontinuità di comportamenti, trasparenza nelle procedure di reclutamento, valorizzazione del merito. Cose che tutti i candidati, negli incontri pubblici e nei loro programmi, hanno detto di voler perseguire, seppure con ricette dalle sfumature diverse e nella consapevolezza che la “battaglia” si deve fare anche a Roma.
C’è chi, però, non è soddisfatto delle parole pronunciate dai candidati. «Avevamo chiesto una presa di posizione chiara e inequivocabile da parte dei candidati, auspicando una presa di distanze dai metodi clientelari e pseudo-mafiosi che ha contraddistinto la governance dell’Ateneo in passato (…), ma nei programmi e nelle interviste rilasciate alla stampa dai candidati non abbiamo letto alcuna presa di distanza in termini concreti rispetto al passato, nel senso di azioni da fare subito all’insediamento (ad esempio sanzioni disciplinari nei confronti di chi ha commesso reati già sanzionati in modo definitivo, e ce ne sono di casi), ma solo una vuota retorica del cambiamento, e le poche proposte fatte vanno nella direzione sbagliata», scrive in una lettera aperta Giambattista Scirè, il ricercatore che ha avuto ragione su un ricorso che l’aveva escluso dal concorso, ma mai reintegrato dall’Ateneo e oggi portavoce dell’associazione “Trasparenza e Merito”.
Scirè fa l’esempio della «cooptazione che sarebbe da legalizzare secondo più di un candidato a rettore. Non si prendano in giro i cittadini (…). L’Ateneo di Catania ha visto crollare le iscrizioni degli studenti, ha perso credibilità perché il livello della proposta formativa e il livello scientifico dei vari dipartimenti si è abbassato progressivamente, tirando i remi in barca, tanto tutto era deciso cooptando. L’unica soluzione è dunque il concorso pubblico vero, aperto ai candidati che, non attraverso le amicizie e le conoscenze o le scuole e le lobby, ma attraverso il proprio lavoro indipendente, la propria libertà di ricerca, le proprie competenze, il proprio curriculum scientifico, siano capaci di portare il cambiamento nelle pubblicazioni scientifiche, nelle linee di ricerca, nella capacità didattica e via dicendo».
Discontinuità o meno, il nuovo rettore avrà fra le mani una patata bollente.