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“Un progetto collettivo perché la vita è in strada”

Iniziativa di housing sociale in via Carro recuperando i vecchi edifici e facendovi tornare le persone in modo non elitario

Di Pinella Leocata |

Via Carro, a San Berillo, sembra una falegnameria a cielo aperto. Ci sono tavole di legno, trapani, seghe, viti e martelli attorno a cui si danno da fare le persone che in questa parte di città ci vivono o lavorano, i residenti, i ragazzi gambiani e chi fa parte del gruppo di Trame di Quartiere, la cui sede è a pochi passi. Un’attività che rientra all’interno della serie di iniziative del progetto “Sottosopra – Abitare collaborativo”.  

L’iniziativa di housing sociale avviata a Palazzo De Gaetani non è soltanto un modo di dare risposta ai bisogni di chi una casa non ce l’ha, ma un invito a riflettere su come tornare ad abitare un quartiere recuperandone i vecchi edifici e facendovi tornare le persone in modo non elitario.  Una riflessione che si estende anche agli spazi esterni con l’obiettivo di fare rivivere la strada, così come era una volta in tutte le cittadine del Sud dove a casa si andava quasi solo per dormire e tutte le altre attività di cura, di svago, di formazione e di lavoro si svolgevano all’aperto. Un’esigenza, questa, di ripensare la funzione dello spazio pubblico, tanto più forte adesso, in tempo di Covid, quando la socialità è ritornata prepotentemente sulla strada. 

Prima di avviare il “cantiere” le persone interessate si sono date appuntamento in via Carro e vi sono rimaste a lungo per capire di cosa ci fosse bisogno e quali fossero i desideri di chi la vive. «Un laboratorio di progettazione in cui le idee emerse – spiega Carolina Paternò di Raddusa di Trame – sono state rielaborate dagli architetti-artigiani Marco Terranova ed Emanuele Saluzzo, che hanno avanzato la propria proposta progettuale che poi viene modificata in corso d’opera durante i tre giorni del cantiere, cioè da giovedì 15 a sabato 17 luglio». «I temi cari alla nostra progettazione – sottolinea l’arch. Terranova – sono innanzitutto l’ascolto e la cura. Prima di progettare noi tentiamo di capire come gli spazi esterni sono percepiti da chi li vive e quali sono i desideri di chi ne usufruisce. Da questo ascolto è emerso con forza il tema della socialità, il desiderio che si possa stare all’aperto a chiacchierare, riposare, mangiare, giocare, leggere, lavorare. Bisogni che si sono tradotti nell’idea di alcune “sedute” semicircolari realizzate tagliando a metà e riadattando alcune bobine giganti in legno. Un lavoro di recupero. E’ emerso anche il tema dell’ombra, cioè la necessità di potersi riparare dal sole. Di qui la decisione di stendere due grandi teli leggeri sopra la strada agganciandoli ai palazzi che la delimitano». 

Si è imposta anche la consapevolezza dell’importanza del verde – per cui si partirà con un primo albero impiantato in una fioriera spartitraffico recuperata – e dell’acqua. Di qui la richiesta di ripristinare la fontanella che prima c’era dando così la possibilità a tutti i residenti, ai passanti e soprattutto a chi vive in strada, come i ragazzi gambiani, di dissetarsi e, se ne hanno bisogno, di lavarsi e i poterla utilizzare per il lavoro. La centralità del gioco, poi, sarà materializzata con un canestro, in attesa di altre proposte. «La vita, la cura, la formazione, lo svago e il lavoro devono ritornare sulla strada, come avveniva un tempo – ribadisce Terranova – e San Berillo è un posto ideale dove tornare a sperimentare questa dimensione. Ed è importante la modalità con cui vogliamo raggiungere questo obiettivo: attraverso uno strumento che chiamo “cantiere collettivo”, cioè mettersi a lavorare in strada e collaborare con chi si avvicina e ha voglia di progettare e operare insieme. Questo progetto su via Carro lo stiamo sviluppando insieme alle persone che arrivano».

Un cantiere e un’azione che non sono certo estemporanei, ma hanno alle spalle una riflessione complessa e anche un supporto istituzionale. Trame di Quartiere, infatti, ha presentato al ministero dei Beni culturali un progetto di recupero che prevede attività laboratoriali su via Carro e su tutto il quartiere San Berillo. «Un progetto – sottolinea Andrea D’Urso, membro del Cda della cooperativa di comunità Trame di Quartiere – che, relativamente a via Carro, ha il supporto del Comune che, attraverso la Giunta, si è impegnato a stipulare un patto collaborativo con gli abitanti del quartiere e le associazioni con l’obiettivo di sostenere azioni di cura di questo spazio fornendo servizi e supporto. C’è un’interlocuzione avviata con l’amministrazione grazie ad una delibera di Giunta che è un atto di indirizzo politico forte». 

E mentre il sole picchia impietoso, architetti, volontari e abitanti del quartiere – tra cui tanti ragazzi gambiani – lavorano alla realizzazione dei sedili e per predisporre i ganci per i teloni per l’ombra. E sono contenti di lavorare insieme, di apprendere cosa e come fare. Karamo, un ragazzo del Gambia, vive in Italia da 8 anni e parla un italiano fluente. «E’ una bella iniziativa – dice soddisfatto, sospendendo per qualche minuto il lavoro -. Fare le cose insieme è utile, le persone si uniscono e insieme possiamo cambiare il mondo. E poi queste iniziative fanno parte dell’integrazione che è importante per noi stranieri». Intanto altri ragazzi neri stanno all’incrocio su via Buda, seduti su poltrone e tavolinetti recuperati chissà tra quali rifiuti, incuriositi e assorti ad ascoltare musica a tutto volume mentre accendono la carbonella per prepararsi il pranzo. Loro, che una casa non ce l’hanno, in queste strade ci vivono mattina, sera e notte. Ed è proprio a partire dai loro bisogni che è nata l’idea di riqualificare via Carro anziché riempirla di tavolini e sedie per la ristorazione, così come, da dopo l’avvento del Covid, avviene in tutti gli angoli di città. Un’azione sociale al posto di una di mera speculazione economica. E per inaugurare questa nuova funzionalizzazione della strada sabato si è svolta una bella festa. 

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