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«Tutti i requisiti più che rispettati, ma noi siamo andati anche oltre»

Di Mario Barresi |

Catania – Il paradosso è che l’Asp di Catania – già nella bufera all’indomani della violenza di Trecastagni e ora al centro dell’indagine conoscitiva dei pm sulle falle nel sistema – è considerata una delle realtà siciliane più in linea con gli standard di sicurezza nelle guardie mediche. E ciò si deduce, oltre che da fonti sanitarie e sindacali, dai primissimi esiti di un report che il Dipartimento della Salute ha avviato a fine novembre su scala regionale.

Ma tant’è. Per il direttore generale dell’Asp, Giuseppe Giammanco, e per gli altri vertici della sanità etnea, quella dei “medici in prima linea” è diventata una priorità. Il manager, oltre a confermarci di essere stato sentito in procura, ribadisce le medesime rassicurazioni fornite al pm. Sulla notte maledetta di Trecastagni, in cui «il sistema di sicurezza è risultato perfettamente funzionante». Smentito, dunque, l’inconveniente delle batterie scariche nel dispositivo in dotazione al medico. «Sia il braccialetto sia il telefono funzionavano, come si evince dalle verifiche effettuate subito dopo i fatti dai colleghi della guardia medica, come peraltro risulta dai registri di servizio». Del resto, nei giorni precedenti , «non era arrivata alcuna segnalazione di particolari guasti o di necessità di manutenzione».

Giammanco garantisce anche che «tutte le sedi di guardia medica di nostra competenza risultano in regola con i requisiti minimi di sicurezza». Sbarre alle finestre e porte blindate, videosorveglianza (all’ingresso e nella sala d’attesa, «ma non nella stanza delle visite per ragioni di privacy»), telefono d’emergenza collegato con le forze dell’ordine. E poi il famoso “braccialetto”, «un device collegato al telefono per seguire i colleghi nelle visite a domicilio». E l’Asp «sta facendo anche qualcosa in più, non richiesto dal decreto assessoriale del 2010». È stato infatti deliberato l’acquisto di una sessantina di “ciondoli gps” (costo fra i 50 e i 70 euro l’uno): localizzatori, delle dimensioni di un portachiavi, collegati con le forze dell’ordine. L’idea delle guardie giurate (spesa di circa 8 milioni l’anno) è stata scartata perché «secondo una consolidata giurisprudenza il servizio sarebbe previsto per la tutela di beni mobili e immobili, ma non delle persone fisiche».

L’Asp dialoga con gli operatori: «Abbiamo inviato – dice il direttore – una “check-list” per segnalare eventuali problemi». E ciò, sussurrano, subito dopo i primi blitz dei carabinieri.

Infine il dialogo con la Regione. «Venti giorni fa – rivela Giammanco – abbiamo inviato in assessorato una proposta di rifunzionalizzazione delle guardie mediche». Con le ipotesi di «accorpamento di sedi ravvicinate», ma anche «l’integrazione, come già avviene a Vizzini, della guardia medica con 118 e Pte», oltre all’ipotesi di «medicalizzare le ambulanze».

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