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Trecastagni, l’anno orribile della «Perla dell’Etna»

Di Giuseppe Bonaccorsi |

TRECASTAGNI (CATANIA) – Quando si imbocca «a’ salita dei sapunari» sei arrivato a Trecastagni, terra di profumi e aria buona. Si racconta che nel secolo scorso questa strada scoscesa, di accesso alla «perla dell’Etna», era teatro di una festa. Si lasciavano cadere lungo in pendio centinaia di litri di acqua con sapone e poi i concorrenti doveva percorrerla a piedi scalzi. Oggi Trecastagni, però, scivola su un altro tipo di saponata: quella della legalità. In poco meno di un anno è stata teatro di episodi di cronaca nera che ne hanno offuscato la vera immagine di paese di grandi tradizioni e di stupendi percorsi tra le mura antiche di un passato di splendore.

Trecastagni è un paese che conserva uno dei corsi antichi maggiormente custoditi. Ha chiese stupende, viste mozzafiato, un’atmosfera di alta montagna… «ma anche piccioli…» si lascia scappare, sfregandosi il pollice e l’indice, un cittadino seduto nella piazza del paese dei «Tre casti agni», il paese dei Santi Alfio, Cirino e Filadelfo. Un centro che in pochi anni è passato da poco più di 4 mila anime a quasi undicimila, con viali periferici costellati da grandi ville con prati inglesi perfettamente curati, ampie piazze e un «centro» a misura d’uomo. Un paese che ha attirato molti catanesi della borghesia bene che qui sotto i castagni hanno spostato la loro residenza portando anche ricchezze. In questo contesto può essere inquadrato anche quello che è successo nel suo Comune, finito nell’occhio del ciclone nel novembre scorso quando, nell’ambito della inchiesta «Gorgoni» sulla gestione dell’appalto rifiuti, vide finire in manette due dirigenti del Comune, il geometra Domenico Sgarlato, capo della direzione Lavori Pubblici e il funzionario dello stesso settore, Gabriele Astuto. La Procura indicò che i due avevano favorito per la gestione rifiuti una ditta il cui referente era vicino a due schieramenti mafiosi.

Che il «bubbone» di un paese all’apparenza tranquillo e lontano da questi schemi era scoppiato lo si capì quando la Prefettura insediò al Comune una commissione che provvide a sigillare due uffici nei quali avviò una minuziosa radiografia di tutti gli atti amministrativi e dirigenziali del Comune retto dall’amministrazione di Giovanni Barbagallo, ex deputato regionale. Nessuno però pensava che tutto potesse finire nel peggiore dei modi, tanto è vero che nell’approssimarsi del voto elettorale del 10 giugno, l’ex sindaco Pippo Messina aveva già aperto la sua sede elettorale proprio di fronte al Municipio. Ma l’8 maggio è arrivata la seconda «botta»: lo scioglimento per mafia. Da allora si è diffuso un senso di smarrimento che ha gelato i trecastagnesi, tanto è vero che oggi davanti al Comune, governato da una terna commissariale, non staziona più nessuno. Non ci sono capannelli…. C’è una atmosfera rarefatta, e pochi si lasciano scappare che «forse è meglio così perché finalmente in quel palazzo sarà fatta pulizia…».

In questo contesto anche la Festa per i santi Patroni è passata in sordina, nonostante l’appello dell’arcivescono mons. Gristina all’unione della comunità per superare questo momento pieno di ostacoli. E frizioni sono sorte quando i commissari hanno imposto il divieto, durante le cerimonie, di sparare i fuochi d’artificio risultati di calibro vietato sol perché non c’è stato nessuno a dare l’autorizzazione che poteva essere data superando le restrizioni previste dalla speciale commissione provinciale per questo genere di spettacoli. In passato ogni sindaco l’aveva sempre concessa e forse sembrava che tutto fosse scontato.

Ma Trecastagni – purtroppo, commentano amaramente i cittadini – ha avuto in quest’ultimo anno altre brutte vicende che tengono banco sulle cronache. A settembre dell’anno scorso, nella sgangherata sede della guardia medica del paese la dottoressa Serafina Strano venne brutalmente stuprata da un giovanotto del posto che con la scusa di una visita si era intrufolato nell’ambulatorio. Da allora Trecastagni è piombata nel vortice, cedendo lo scettro di «perla dell’Etna, paese di villeggiatura dei catanesi e meta turistica». Si tratta di episodi – per la comunità politica locale – che segnano l’immagine del paese che ha sempre vantato tradizioni eccelse, ma forse messo anche sotto la sabbia, come gli struzzi, evidenti anomalie che forse non si volevano vedere, come quella di una Guardia medica che sa da «terzo mondo».

La scia negativa, purtroppo, non sembra essersi esaurita. Due notti fa la chiesetta della Madonna dell’Aiuto, esempio rurale di pregevole fattura, è stata incendiata e si è anche rischiata la catastrofe perché il tempo custodiva alcune bombole. Il paese è ripiombato nel caos e nel dubbio, al punto da richiedere un intervento dei parroci a rassicurazione della comunità. «Ci sentiamo un po’ smarriti – ha detto don Antonello Russo, parroco di San Nicola -. Stanno mancando dei riferimenti forti. Lo abbiamo notato inevitabilmente già nei giorni della festa di Sant’Alfio. In questo momento siamo usciti da binari sicuri dal punto di vista ecclesiale e civile. Ma da queste dure prove, però, auspico che possa scaturire in futuro qualcosa di buono e di positivo. E che questa situazione ci possa aiutare a recuperare appieno lo spirito di comunione e di unità. Auspichiamo per il nostro paese un nuovo tempo di valori e di vera rinascita».

Trecastagni, intanto, si interroga in tutti i centri sociali e nei bar: «Perché questo paese ha perso la pace….?».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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