Catania – Di lui si potrebbe dire che è il testimone vivente della speranza. E di un cammino che gli ha permesso attraverso il dolore e la sofferenza di sopravvivere a una gravissima emorragia cerebrale e riprendersi la vita. Parliamo del prof. Claudio Saita, 66 anni, catanese, docente universitario e formatore in contesti difficili, colpito nel settembre 2016 da una terribile emorragia cerebrale che, come accade nel 90% dei casi, avrebbe potuto ucciderlo all’istante. E invece ha avuto indietro la vita.
Sulla sua salvezza ha riflettuto molto. E in molti lo hanno fatto riflettere. Facendolo decidere infine di condividere con gli altri, attraverso un diario giornaliero sulla sua pagina di Facebook, le tappe del suo lungo viaggio verso la “risalita”. Un viaggio fatto di terapie fisiche e riabilitative, scandite anche da drammatici alti e bassi che hanno permesso infine, nel gennaio del 2018, il ritorno a casa da Messina, dove è stato ricoverato nel reparto di Terapia intensiva del Bonino-Pulejo.
Ma soprattutto, già tre mesi dopo quella terribile emorragia, a Natale, il prof. Saita si è riconnesso con il mondo “per sperimentare il touch con le mie mani malferme – racconta – e per dare notizie e cari auguri a quanti, e ho scoperto che erano tantissimi, si erano interessati alla mia vicenda. Non solo parenti e amici, ma anche gruppi di preghiera in Italia e all’estero e tanta gente attratta da come stavo vivendo la malattia. Malati come me, con patologie uguali o diverse, ma anche persone fisicamente sane ma che stavano combattendo la depressione, il mal di vivere. E ho continuato a scrivere perché ho capito che i miei post erano attesi, perché ricevevo tanti commenti e ho cominciato a ricevere anche lettere private alle quali nei lunghi dopocena in ospedale cercavo di rispondere sempre. E da lì ho capito che questa storia non mi apparteneva più, che era diventato un fatto pubblico, esemplare. E ho anche capito che avevo avuto ancora in dono la vita in queste condizioni e ne dovevo fare testimonianza. Sulle orme del Nazareno”.
Ed è grazie a questa esperienza di vita e di fede, l’esistenza di Claudio Saita è ripartita. E mentre continua la sua riabilitazione, “perché sono un disabile che ha bisogno di aiuto per molte cose, seguito a Catania da operatori specializzati e a Messina per i day hospital riabilitativi bisettimanali”, il professore si occupa anche degli altri. La sua esperienza di dialogo sulla Rete è diventato un libro, #Andiamo. Diario di viaggio sulle tracce del Nazareno. Il resoconto di una sorta di rete sociale scaturita dai post di Claudio: 20.946 contatti, 124mila “mi piace”, 1.645 video e foto condivisi, 3.700 post a cui seguono migliaia di risposte articolate. Nel segno della resilienza che “fa rima con perseveranza e speranza”. L’autore stesso lo sta presentando in alcune scuole catanesi e presto ci saranno altre date. “Gli emolumenti derivanti dalla vendita del libro e spettanti all’autore saranno devoluti all’istituto “Francesco Ventorino” di Catania – dice Saita – perché si migliorino le strutture di accoglienza ai soggetti disabili”.
Ancora, il prof. Saita è tornato a insegnare: un percorso di Musicoterapia per gli altri pazienti del Centro Bonino Pulejo, come aveva cominciato già a fare quando era anche lui un degente e un laboratorio di Musicoterapia per i “suoi ragazzi” dell’Ipm, il carcere minorile di Bicocca, dove già Saita insegnava prima della sua malattia. E qui ha gettato le basi per un’altra cosa straordinaria. Il magistrato competente, il dott. Giovanni Castro – ed è forse la prima volta che accade un fatto simile – ha autorizzato un 22enne a recarsi a Messina per collaborare al corso di Musicoterapia e al laboratorio di Domotica del Bonino-Pulejo. “Ritenendo – così spiega Saita – che frequentare questa cattedra di dolore e sofferenza possa essere fonte del riscatto del danno prodotto alla società. Per quel che mi riguarda non avrei mai immaginato che, uscito dalla mia esperienza, oltre a curare la mia riabilitazione, avrei accompagnato la riabilitazione di altri”.
Infine, il prof. Saita è stato scelto da Libera (dal suo responsabile regionale Dario Montana e dal referente catanese Giuseppe Strazzulla) per il progetto “Amunì” rivolto ai ragazzi, tra i sedici e vent’anni, sottoposti a procedimento penale da parte dell’Autorità giudiziaria minorile e impegnati in un percorso di riparazione. La speranza continua a germogliare.