Spaccio, come funziona il sistema Catania: interi quartieri campano con la droga

Di Redazione / 11 Gennaio 2019

CATANIA – Un mercato a cielo aperto orchestrato con meccanismi perfetti, nel quale ognuno fa la sua parte, dalle “vedette” appostate sui palazzi per segnalare eventuali arrivi delle forze dell’ordine, ai fornitori che lanciano le bustine dal balcone, ai “pusher” impiegati sulla strada. Questi ultimi, sono quelli che guadagnano di più (anche perché rischiano di più) circa 200 euro al giorno; le vedette invece vengono pagate con 70 euro al giorno e “girano” su turni di otto ore. Non devono stupire paghe così sostanziose se si pensa che l’organizzazione sgominata oggi a Catania con l’operazione Stella Cadente aveva – secondo le stime degli investigatori – un giro d’affari di 11.000 euro al giorno. 

Ma a Catania sono state smantellate organizzazioni con proventi anche superiori: nel luglio del 2016, in occasione dell’operazione “Cartagho” che ha assicurato alla giustizia 33 persone del clan Nizza di Librino, gli investigatori valutarono che il volume d’affari complessivo garantito dallo smercio di sostanze stupefacenti si aggirava intorno agli 80mila euro al giorno, che fa poco meno di 30 milioni di euro l’anno. Un fatturato da holding, insomma.

A parlare sono le cifre di denaro sequestrate a chi gestisce le cosiddette “piazze” di spaccio come i Nizza di Librino (con basi anche a San Cristoforo seppure ridimensionati dopo l’arresto di tutti i 5 fratelli), i Morabito di Picanello, del gruppo di Lorenzo Saitta «’u scheletru» – tutti consorziati fra loro e sotto l’egida della famiglia Santapaola Ercolano – e che comunque rappresentano soltanto una percentuale neanche tanto consistente del quantitativo di “roba” che circola nella nostra città.

“Roba” che talvolta costituisce fonte di sostentamento persino per nuclei familiari lontani dalle logiche del crimine organizzato, ma che in ogni caso è da anni uno degli affari più “curati” da parte dei clan di casa nostra. Così intere famiglie, per non dire interi quartieri, campano di questo traffico e come confermano gli arresti di oggi (con alcuni minorenni finiti nella retata), le nuove leve vengono inserite presto nei meccanismi della piazza di spaccio, dove tutti ricevono una “parte” e dove anche chi non partecipa attivamente alla vendita di droga resta in silenzio e lascia scorrere sotto casa sua fiumi di droga e di denaro. Questo fa capire anche quanto è difficile per le forze dell’ordine penetrare in questi ambienti.

  

Il modello napoletano

La città di Catania è organizzata, sul modello napoletano, in cosiddette “piazze di spaccio”, ovvero zone ben circoscritte che le organizzazioni criminali destinano alla vendita di stupefacenti. Tali zone sono presidiate attraverso un sistema di tipo militare costituito da un articolato modulo di vedette statiche (ai balconi o in sosta sui marciapiedi) e dinamiche (in continuo movimento sugli scooter), nonché da pusher e custodi della droga. I proventi dell’attività confluiscono in una “cassa comune” e vengono utilizzati per il pagamento degli stipendi degli associati e per il sostentamento economico delle famiglie dei detenuti.

Nelle “piazze di spaccio” viene smerciato di tutto e la gestione di questi luoghi presenta caratteristiche comuni ai vari gruppi criminali, secondo un organigramma di tipo piramidale e gerarchicamente strutturato, con una distinzione di ruoli e di compiti ben precisa, destinati a modificarsi solo in seguito ad arresti e vicende personali degli associati. In ogni caso il più delle volte i clan riescono prontamente a sostituire chi viene occasionalmente arrestato, arruolando e spesso ben pagando i nuovi pusher. Quando invece gli arresti interessano più soggetti di un dato gruppo, può accadere che il gruppo colpito debba cedere il passo ad un altro che, con naturalezza, approfitta della debolezza di quello rivale per subentrare. Con le buone e, talvolta, con le cattive.

 

Le principali piazze di spaccio

Una fotografia definitiva delle piazze di spaccio è tutt’altro che facile da scattare, ma in linea di massima si potrebbe dire che a San Cristoforo la cosca Santapaola-Ercolano controlla il crocevia formato dalle vie Plaia e Del Principe, quello formato dalle vie Della Concordia, Platania e De Lorenzo, quello fra le vie Trovato e Alogna, quelli fra le vie Villa Scabrosa e Oriente, fra le vie Plaia ed Angeli Custodi, nonché le piazze di via Stella Polare, di via Barcellona e di piazza Niccolò Machiavelli.

Sempre a San Cristoforo, i Cappello-Bonaccorsi controllano la via Colomba, il crocevia fra le vie Alonzo e Consoli, la piazza Caduti del Mare, il cosiddetto Tondicello della Plaia.

 

A Librino la cosca Santapaola-Ercolano presidia il viale Grimaldi 16 e il viale Castagnola 3; mentre i Cappello-Bonaccorsi si sarebbe insediati al 16 del viale Moncada. Sempre in viale Moncada, nella zona del palazzo di cemento, risulterebbero ancora attivi gli Arena, da tempo vicini ai “Tigna”.

 

A Trappeto Nord, i Cappello-Bonaccorsi presidierebbero la via Ustica, mentre i Santapaola-Ercolano sarebbero i “titolari” della via Capo Passero, una strada chiusa tra due file di palazzoni popolari dove si trova un pusher ogni 10 metri e dove viene smerciato qualsiasi tipo di sostanza stupefacente.

 

A Picanello, ancora, Santapaola-Ercolano attivissimi tanto al Villaggio Dusmet quanto nella zona di via Grasso Finocchiaro, mentre a Nesima Superiore, nella zona del corso Indipendenza, spadroneggiavano i Cursoti milanesi che però, a quanto sembra, dopo alcuni blitz delle forze dell’ordine hanno dovuto cedere qualcosa ad un gruppo subentrante.

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