E’ un disturbo dell’occhio tra i più ignorati e sottovalutati secondo l’OMS, ma con il sempre maggiore utilizzo di smartphone e tablet è oggi più frequente, soprattutto fra i bambini nativi digitali, l’80% dei quali già fra i 3 e i 5 anni è in grado di usare il telefonino di mamma e papà, l’11% a 10-11 anni ha uno smartphone e il 4% un tablet.
E’ la sindrome dell’occhio secco, che porta bruciore e prurito insistente, lacrimazione irregolare e nei casi più gravi dolore e fastidio come per la presenza di un corpo estraneo negli occhi. La denuncia è del Centro Italiano Occhio Secco (Cios) che col patrocinio della Società Oftalmologica Italiana (Soi) dal 3 al 7 aprile promuove la ‘Campagna nazionale di prevenzione e cura dell’occhio secco a cui hanno aderito Centri ospedalieri a Roma, Catania, Napoli, Milano e Varese, con la promozione di visite gratuite per appuntamento a tutti coloro che contattano il sito www.centroitalianoocchiosecco.it .
Perché non basta ricorrere a colliri e lacrime artificiali, a lungo andare controindicate, ma sono necessari esami specifici e terapie d’avanguardia anche per la rigenerazione delle ghiandole lacrimali palpebrali.
In Italia i numeri non sono confortanti, se si pensa che ne soffre il 90% delle donne in menopausa (a causa della caduta ormonale) e il 25% degli over 50 con alti costi professionali e costi economici pari a 600 euro/anno per ciascun malato.
Ma se le cause generali vanno ricercate in più ambiti (come inquinamento dell’aria, menopausa, uso continuo di lenti a contatto e il fumo di sigaretta) più recentemente si è visto un enorme aumento del problema nei bambini, per i quali il fattore scatenante è l’abuso di smartphone e tablet.
«E’ una sindrome con diverse concause – spiega Lucio Buratto, presidente del Cios – ma è provocata dal malfunzionamento della ghiandola lacrimale: le palpebre, aprendosi e chiudendosi circa 15 mila volta al giorno (ammiccamento), distribuiscono in modo uniforme e continuo il film lacrimale sulla superficie dell’ occhio, favorendone il ricambio. Tenendo la testa piegata sullo smartphone per ore, già la posizione porta ad aprire di più le palpebre e quindi maggiore è l’evaporazione del film lacrimale, ma la maggior concentrazione porta ad ammiccare sempre meno, e a lungo andare le ghiandole lacrimali non funzionano più, si chiudono. Così comincia la sindrome dell’occhio secco. Bisogna insegnare a tutti, soprattutto ai bambini, a usare lo smartphone con più accortezza e responsabilità», conclude Buratto.