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Sicurezza Guardie Mediche, nel Catanese scattano primi blitz dei carabinieri

Di Mario Barresi |

Da fonti sanitarie si apprende che il direttore generale dell’Asp, Giuseppe Giammanco, e alcuni dirigenti (fra i quali il direttore del Distretto sanitario di Gravina, Carmelo Sambataro) nelle scorse settimane sono stati sentiti negli uffici di piazza Verga dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo come persone informate sui fatti.

Fra le questioni al centro dei faccia a faccia dei manager con il magistrato catanese ci sarebbe soprattutto il corretto funzionamento degli standard minimi di sicurezza previsti da un decreto assessoriale del 2010. Ovvero: porte anti-sfondamento e grate alle finestre, efficiente illuminazione all’ingresso delle sedi, ma soprattutto videosorveglianza, videocitofoni e sistemi di allerta in collegamento con le forze dell’ordine. L’attenzione del pm si sarebbe soffermata sul caso di Trecastagni e in particolare sulla circostanza, denunciata dalla dottoressa aggredita, di un presunto «malfunzionamento del braccialetto d’allarme». Con un dovuto approfondimento sull’ipotesi, che le batterie del dispositivo quella notte fossero scariche. Ma al pm i vertici dell’Asp avrebbero inoltre fornito spiegazioni sul rispetto dei requisiti minimi di sicurezza in tutte le guardie mediche del Catanese, sia in termini di dotazioni di strutture e dispositivi, sia a livello di manutenzione. Su tutte le questioni le risposte dei dirigenti sentiti sarebbero state, con atti alla mano, rassicuranti: «Tutto in regola».

Lo stesso procuratore aggiunto Fonzo, negli scorsi giorni, ha delegato accertamenti e verifiche sul campo ai carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria della Procura, coordinati dal maggiore Antonio Sframeli. Una serie di blitz che, in quasi tutte le 60 sedi di guardia medica della provincia, non sono di certo passati inosservati.

Il monitoraggio, avviato all’inizio di questa settimana, non s’è ancora concluso. Ma c’è già un bilancio provvisorio. Sui primi 20 presidi medici ispezionati, soltanto in due ci sarebbe il videocitofono regolarmente funzionante, mentre in sei casi i militari dell’Arma non avrebbero riscontrato la presenza del braccialetto in dotazione ai medici. In una delle sedi controllate nella prima fase di accessi, l’edificio che ospita la guardia medica (nell’Acese) non disporrebbe delle grate di sicurezza alle finestre. Il lavoro dei carabinieri, però, non è ancora finito. Così come è in pieno svolgimento quest’inchiesta – ancora embrionale anche per l’individuazione di eventuali persone da iscrivere nel registro degli indagati – che promette sviluppi interessanti.

Twitter: @MarioBarresi

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