Tutto annullato, di nuovo. Dopo «quasi un ventennio». Non c’è pace per il servizio idrico integrato e per i rapporti tra l’Assemblea territoriale idrica etnea e la Sie (Servizi idrici etnei) Spa. Il Tar di Catania, con una sentenza pubblicata ieri, ha annullato la convenzione – firmata a luglio – tra l’Ati e la società per azioni. Il passaggio al gestore unico, che quest’estate sembrava dato per imminente, subisce un nuovo stop.
La decisione arriva dopo che l’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili di Catania, aveva presentato ricorso prima contro l’approvazione della convenzione e, successivamente, contro la sua firma. Per comprendere di che si tratta bisogna tornare indietro di vent’anni, giust’appunto. Quando la ex Provincia, presieduta da Raffaele Lombardo, aveva deciso di affidare il servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura e depurazione) a una società mista pubblica e privata. Ai tempi si parlava di 1,2 miliardi complessivi di lavori, di cui fino a 850 milioni da affidare direttamente al gestore. Il percorso, all’inizio, procede spedito. La Provincia costituisce la Sie, la apre ai Comuni e ai privati da individuare con un bando. La gara si fa, il 23 dicembre 2005 viene aggiudicata, il giorno dopo amministrazioni pubbliche e Hydro Catania (i privati) firmano l’aumento del capitale e, di fatto, prendono in mano la società. Il giorno della vigilia di Natale, nasce il gestore unico dell’acqua per 58 Comuni del Catanese.
Il contenzioso nelle aule di giustizia, civile e amministrativa, a tutti i livelli, comincia praticamente subito. Ogni sentenza si annoda a quella precedente. Tra i documenti che vengono superati o annullati da un giudice o un altro c’è il Piano d’ambito, redatto nel 2002 e aggiornato nel 2020, «principale strumento di programmazione tecnica, economica e finanziaria, per l’organizzazione del servizio idrico integrato».
E qua casca il nuovo asino. Perché il Piano d’ambito del 2020 è stato annullato dal Cga della Regione Siciliana e non ne è stato ancora redatto uno nuovo. Fatto che non viene nascosto nella nuova convenzione firmata da Sie Spa e Ati idrica a luglio 2024 e che viene risolto, semplicemente, dicendo che «i contenuti sostanziali» rimarranno quelli del 2002, ma che sarà fatto uno studio per capire cosa c’è da ottimizzare e cosa no.
Nel frattempo, però, si adeguano le previsioni di spesa: sono passati vent’anni e bisogna prevedere un aumento dei lavori da fare fino a 2,2 miliardi di euro, di cui 1,3 miliardi da affidare direttamente al gestore. Un’enormità. Per il Tar si tratta «a tutta evidenza» di «una limitazione rilevantissima della concorrenzialità del segmento di mercato di riferimento». Senza contare che cambiare l’importo di un’aggiudicazione sarebbe una violazione del principio di «par condicio, buon andamento e imparzialità» della pubblica amministrazione.
La vittoria al Tar di Catania dell’Ance è totale. E, molto dura. Ma è, giustappunto, il Tar. Cioè il primo grado della giustizia amministrativa. Non ci sono molti dubbi sul fatto che la questione finirà ancora, e per molto altro tempo, dentro alle aule dei tribunali.