Catania
«Scuole a rischio, verifiche in corso»
Non c’è tempo da perdere, in una città dall’elevatissimo rischio sismico, dove la stragrande maggioranza delle scuole e del patrimonio edilizio privato sono senza requisiti anche minimi di sicurezza. La strada è lunga, e dovrà convergere nelle misure previste a livello nazionale dal progetto “Casa Italia”, ma intanto c’è da accelerare su ciò che in città è stato già avviato prima e senza l’onda emozionale dell’ennesimo dramma. «Abbiamo cominciato un percorso che considero almeno ventennale per la verifica delle condizioni delle nostre scuole – spiega l’assessore ai Lavori pubblici Luigi Bosco – ma partire è davvero essenziale. Abbiamo conferito incarichi per il monitoraggio sulle condizioni di trenta scuole non antisismiche, per accrescere la conoscenza propedeutica ai successivi interventi, sulla resistenza dei materiali e sulle condizioni dei solai».
Cosa è emerso fino a questo punto? «I risultati sono discreti, ma in un quadro di non antisismicità, specie perché per gli edifici più datati abbiamo un doppio problema, il ripristino delle condizioni originarie a causa del degrado e la messa in sicurezza dalle eventuali scosse. Su dieci scuole abbiamo fatto progetti preliminari per la messa in sicurezza – aggiunge Bosco – e su sei abbiamo dato incarico per progetti che diventeranno appaltabili, grazie ai 9 milioni già stanziati dal Patto per Catania». Un “paniere” da cui nel tempo si potrà attingere fino a 14 milioni, ma intanto è essenziale partire, sapendo già che bandi e aggiudicazioni lavori quasi mai hanno tempi da emergenza, almeno prima dell’emergenza, ovvero quando sarebbe indispensabile. Su altre scuole, il Comune ha realizzato delle specifiche prove di vulnerabilità sismica, mettendo del tutto in sicurezza la Capponi, a Picanello.
«Il ministro Delrio ha detto al sindaco che il governo intende utilizzare la nostra esperienza e questo è un riconoscimento alla nostra progettualità, ma sappiamo che dobbiamo lavorare per la limitazione dei danni e dei rischi, perché la scossa temuta nel nostro territorio potrebbe essere molto più forte di quella che ha colpito il centro Italia». L’altra grande urgenza è quella di incentivare gli interventi dei privati che intendono adeguare i propri immobili.
«Sarà importante un meccanismo di incentivi statali chiaro e accessibile, oltre agli interventi dei Comuni. Se un privato vuole conoscere lo stato di salute della propria casa deve calcolare una spesa di circa due euro a metro cubo vuoto per pieno, ciò significa che per un alloggio di 100 metri quadrati il costo si aggirerà tra i 600 e i 700 euro per effettuare sondaggi, prove sui materiali, rilievi, e una modellazione dell’edificio ottenuta con questi dati e con le resistenze ricavate, che ci dice a quale livello di terremoto può resistere. Da queste indagini – aggiunge l’ingegnere Bosco – puoi sapere in che misura il tuo immobile resisterebbe a un terremoto, se al 30 o al 40%, oppure sopra il 60 e dunque già abbastanza sicuro. Viceversa, un immobile che garantisce una resistenza del 20% è messo male, e di queste conoscenze si dovrà tenere conto per una programmazione che definisca delle priorità nella destinazione delle risorse e nella pianificazione degli interventi». Il problema nel problema, neanche a dirlo, sarà mettere tutti d’accordo nelle assemblee di condominio, almeno finché gli incentivi fiscali non saranno in grado di sostituire la tendenza al “rinvio” con la cultura della prevenzione. Ma quanto serve per mettere in sicurezza il proprio immobile? «Dipende da diversi fattori – spiega Bosco – una spesa media per un intervento di prevenzione antisismica oggi si aggira sui 30mila euro ad appartamento, ricordando anche che dei semplici tiranti, in tanti casi, avrebbero salvato decine di vite».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA