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Scomparsa Cimò, pm chiede ergastolo per il marito

Di Carmela Marino |

CATANIA – Per l’accusa non ci sono dubbi: è stato lui. Ha ucciso la moglie, ne ha occultato e poi soppresso il cadavere. E «non merita alcuna attenuante» perché «non soltanto ha mentito, ma anche depistato», e inoltre ha «tenuto un pessimo comportamento processuale». E per questo va condannato all’ergastolo. Per l’imputato, che ha reso spontanee dichiarazioni in aula ribadendo la sua estraneità, «la sincerità viene punita» e «molti fatti confluenti» su di essa «o sono sottaciuti o non considerati».

E’ stato “duello” nell’aula Serafino Famà davanti alla seconda Corte d’assise di Catania tra l’Accusa e Salvatore Di Grazia, 80enne, imputato per avere ucciso nell’agosto del 2011 la moglie, Mariella Cimò, 72 anni, al culmine di una lite per motivi economici e passionali, facendo poi sparire il corpo che non è stato trovato. Per lui il Pm Angelo Busacca ha chiesto l’ergastolo. Un processo senza “corpo del reato”, ma che per la Procura si basa su «45 gravi e univoci indizi di colpevolezza», elencati uno per uno in aula. L’ultimo riassume il movente: «Di Grazia in definitiva si è liberato della moglie (probabilmente in esito ad un fatale ultimo litigio) per continuare liberamente (se non per incrementare) la già disinvolta e talora frenetica frequentazione di donne ad esclusivi scopi sessuali per lo più verso pagamento di somme di denaro».

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Punti che il presunto uxoricida definisce «45 barzellette». Di Grazia spera ancora che sua moglie ritorni a casa. «Era troppo riservata – sostiene – magari essersi vista sulle televisioni nazionali le impedisce di tornare a casa». Ma lui, sostiene, non ha perso la speranza: «Perché non si può parlare di scomparsa autonoma? E’ stata uccisa? E da chi? Io so che non sono stato io, perché siamo esseri umani e non animali, ma ché scherziamo…». Poi la speranza: «Io sono rimasto solo perché aspetto mia moglie: spero di morire il giorno dopo il suo ritorno. Spero torni domani e io possa morire dopodomani». Intanto una data certa, quella della prossima udienza prevista per il 21 ottobre con l’intervento delle parti civili. 

Mariella Cimò scomparve dall’abitazione della coppia il 25 agosto del 2011, la denuncia fu stata presentata dal marito il 5 settembre successivo. I due erano sposati da 43 anni. Negli ultimi periodi c’erano stati dei contrasti tra marito e moglie, in particolare sulla gestione di un autolavaggio self service per autovetture di Aci Sant’Antonio, di proprietà della Cimò e nel quale lavorava Di Grazia. La donna lo voleva vendere, mentre il marito era assolutamente contrario, anche perché, sostengono gli investigatori, «utilizzava gli uffici per incontri legati a relazioni extraconiugali».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA