Santuario Trecastagni, padre Torrisi saluta dopo 54 anni di ministero

Di Graziella Pulvirenti / 08 Dicembre 2018

Trecastagni (Catania) – Il rettore del Santuario di Trecastagni, don Alfio Torrisi, va in pensione dopo 54 anni di ministero sacerdotale nella chiesa dedicata ai Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino. Ordinato sacerdote il 15 agosto 1964, padre Torrisi fu nominato viceparroco del Santuario nel dicembre dello stesso anno, quando il rettore era padre Salvatore Romeo. Dopo venti anni, dopo la morte di padre Romeo, prese il suo posto di rettore e parroco il 15 dicembre 1984. Oggi alle 18.30 celebrerà la Messa di saluto alla comunità. Mercoledì prossimo 12 dicembre ci sarà l’insediamento del suo successore, padre Orazio Greco. «Ringrazio il Signore – afferma padre Torrisi – per le cose realizzate. Ho cercato di creare una parrocchia che fosse come una famiglia aperta, anche perché la parrocchia ha il dono del Santuario che è luogo di accoglienza, di spiritualità e di evangelizzazione. Abbiamo realizzato le strutture per l’accoglienza dei pellegrini e con questo stesso spirito ci stiamo preparando ad accogliere il nuovo parroco, padre Orazio Greco, un dono di Dio. E ho grande riconoscenza per tutti gli arcivescovi che mi hanno guidato in questi anni e in particolare per mons. Salvatore Gristina che è stato sempre vicino alla nostra comunità».

Quali sono stati i principi su cui si è basato il suo ministero?

«L’importanza di creare una parrocchia-famiglia, in cui ci fosse una particolare attenzione per i figli, i giovani. Mi è piaciuto sempre lavorare per i ragazzi, e per loro è stata realizzata una casa campeggio sull’Etna. L’esempio della famiglia ci viene proprio dai nostri Santi martiri, che avevano i genitori, patrizi romani, che si convertirono al Vangelo. I tre figli seguirono il loro esempio e questo fatto è stato fonte di ispirazione affinché il Santuario avesse una particolare attenzione verso i giovani. E proprio l’arcivescovo Luigi Bommarito ci chiese proprio di realizzare un santuario che fosse “famiglia” come la Casa di Nazareth».

La devozione ai Santi è antichissima ed è ancora molto sentita.

«Sì, risale al Cinquecento. La realtà del Santuario è evidenziata anche da Papa Francesco. Infatti la Congregazione per l’evangelizzazione ha fatto un collegamento con tutti i santuari italiani perché siano luoghi di vera evangelizzazione. I pellegrini diffondono la fede ai loro conoscenti, di generazione in generazione, e tutto questo porta sempre nuovi fedeli».

Ha avuto testimonianza dei miracoli che riferiscono le persone?

«In questi ultimi anni, in un periodo di crescente difficoltà per le famiglie, vengono tante coppie per battezzare i loro bambini, dopo aver ricevuto delle grazie, o per sposarsi. Perché il Santuario è sempre un luogo di accoglienza dei pellegrini, di tutti coloro che vogliono avvicinarsi alla fede. La devozione infatti non deve essere un pietismo per se stessi, ma deve imitare il coraggio dei santi, per realizzare il passaggio dal “sacro al santo”».

Cosa dirà ai suoi parrocchiani come messaggio di saluto?

«Dirò le stesse parole che lasciò padre Salvatore Romeo: “Salvate il Santuario”, che significa salvare anche la parrocchia, farla diventare un vero luogo di incontro con Dio».

Che progetti ha ancora in cantiere?

«Sono tante le opere iniziate, la casa del clero, la Via Crucis nella collina dietro la chiesa, dove c ‘è la grotta di Lourdes, l’oratorio e un piccolo centro di spiritualità sull’Etna».

E poi c’è la collezione degli ex voto.

«Alcuni di questi, una quarantina che si riferiscono a fatti avvenuti durante la Prima guerra mondiale, sono stati valorizzati e sono esposti a Roma nel Museo del Risorgimento».

Quante grazie ha ricevuto in questo Santuario?

«Ogni giorno è una grazia, sono grandi grazie tutte le prove della vita. Le basi sono la celebrazione dell’eucarestia e la preghiera. È importante anche la pastorale per gli ammalati, con realizziamo con l’aiuto dei collaboratori. A Trecastagni abbiamo due residenze assistite che visitiamo abitualmente. E poi ci sono due case di accoglienza degli anziani».

Resterà vicino alla sua comunità?

«Sarò un parrocchiano, in questo quartiere sono nato, qui ho ricevuto i sacramenti (ma sono stato ordinato a Catania nella chiesa di S. Benedetto). Resterò per servire il Signore fino all’ultimo respiro. Mi sento come chi ha sempre rinviato le ferie per 40 anni».

E i ricordi più importanti?

«Ringraziamenti di un affetto immutato da parte dei nostri parrocchiani o la testimonianza di chi ha compreso come vivere la vita in maniera cristiana alla luce della parola del Signore e di questo rende grazie. Ecco sono sentimenti, moti dell’anima che mi toccano nel profondo. Sono piccole gioie che porterò custodite nel mio cuore».

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Redazione
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