Radio, a Catania la prima stazione nel 1938

Di Santo Privitera / 13 Ottobre 2024

L’uomo è stato creato per comunicare. In principio furono i gesti. Movimenti del corpo, espressioni facciali e quant’altro potesse essere visibile agli altri. Tutto limitato, però, “‘o coppu r’occhiu”; ovvero al breve raggio visivo. Anche i disegni, nelle loro varie forme espressive, erano utili a questa causa. Lo erano ancor di più perché rimanevano ben incisi nelle tavolette o nelle rocce. “Scripta manent” avrebbero detto gli antichi latini; “Catta scritta lèggiri si voli”, diciamo noi catanesi nella pratica quotidiana. Per comunicare a distanza, venivano utilizzate luci, segnali di fumo, giochi di specchi e quant’altro servisse per la finalità di rito. Nei secoli a venire, anche i piccioni viaggiatori fecero la loro parte.

A Catania, il cav. Salvatore Alessi, proprietario della famosa “torre” in stile moresco (purtroppo abbattuta nel 1963), era solito giocare a scacchi “a distanza” con il suo avversario residente nella ducea di Nelson. Pare utilizzasse proprio i piccioni viaggiatori per la trasmissione delle mosse. Un metodo bizzarro ma a quanto pare efficace. I suoni furono addirittura essenziali. Corni, tamburi, trombe e campanelle. Nella pastorizia, come nella pesca, si usavano le Brogne. In natura, erano conchiglie sonore che producevano un suono monodico molto intenso, capace di essere udito a lungo raggio. Oggi questo strumento, grazie a un nutrito gruppo di cultori “Trezzoti”, è diventato oggetto di studio. Durante le guerre, la vittoria passava sempre attraverso una rapida comunicazione tra le forze in campo. Oltre alla produzioni di armi e munizioni, si lavorava d’ingegno anche per creare nuovi sistemi di comunicazione. Dovevano essere efficienti soprattutto nelle grandi distanze. I tentativi si susseguirono incessanti ma con scarso successo. In tutti i campi della società, una forma di comunicazione immediata e diretta sarebbe stato un bel balzo in avanti verso il progresso.

Una soluzione per quei tempi del tutto sorprendente si palesò nel mondo della scienza. Aprì la stura a un fenomeno epocale. La propagazione dell’energia di un campo elettromagnetico nello spazio, mediante un apparecchio cui venne dato il nome di “radiofonico”. Fu un avvenimento talmente rivoluzionario da cambiare radicalmente la storia dei costumi nel mondo. A brevettare il primo apparecchio nel marzo del 1896 fu l’italiano Guglielmo Marconi. Lo fece a Londra, città in cui si era trasferito per motivi di studio. La validità della sua scoperta verrà però riconosciuta solo nel 1907, allorquando il segnale riuscirà ad arrivare oltreoceano. Grazie a questa scoperta, Marconi verrà due anni dopo insignito del prestigiosissimo premio Nobel. In Italia, la storia della Radio, come testimoniano le celebrazioni per il centenario in corso in questi giorni, ebbe inizio nel 1924.

L’Uri (Unione radiofonica italiana) il 6 ottobre di quell’anno trasmetterà il primo programma radiofonico in Italia. Tre anni dopo diventerà Eiar (Ente italiano audizione radiofonica). Cambierà ancora nel dopoguerra, assumendo l’attuale sigla Rai. Diventerà presto uno straordinario strumento di propaganda politica, ma anche culturale. Si aprì al teatro e alla letteratura. Spalancò le porte al varietà, alle grandi orchestre e alle canzonette dai ritmi variegati. Attraverso i concorsi canori, decine di nuovi cantanti, poeti e musicisti ebbero successo. Si fece strada l’esaltazione delle nuove scoperte e il ritorno a un moderno romanticismo tutto cuore e nostalgia: «Abbassa la tua radio per favore/se vuoi sentire i palpiti del mio cuore…» (Silenzioso Slow).

Il regime fascista farà istallare antenne-radio in tutte le città del Belpaese. A Catania, il 27 novembre del 1938, nelle ubertose campagne della Barriera, verrà inaugurata “‘a stazioni radiu”.
Per i catanesi dell’epoca, la radio era “la macchina parlante”. All’inizio non furono in molti a possederla, ma rapidamente la sua diffusione diventò capillare. Il complicato circuito di valvole, fili e transistor, venne propagandato nei giornali e pubblicizzato dalla stessa. “Muti… muti… sta parrannu: …viremu chi dici! ”così ci si esprimeva nelle famiglie che per la prima volta ne possedevano una. Lo speaker era percepito come “l’uomo dentro la scatoletta”. Nel dopoguerra, dagli studi di via Etnea, tanto successo ebbero trasmissioni come “Tutta la città ne parla”, “Il ficodindia” e “Controcorrente”, che videro la partecipazione dei migliori attori, giornalisti, presentatori e scrittori catanesi dell’epoca, trascinati dal giovane attore teatrale e cinematografico Turi Ferro.

Pubblicato da:
Leandro Perrotta