Processo Ciancio, cronista convocato davanti a boss per evitare querela

Di Redazione / 16 Gennaio 2020

CATANIA – «Il direttore diede conto e ragione a un soggetto che prospettava di avviare un’azione giudiziaria contro la Domenico Sanfilippo editore». E’ la sensazione avuta dal giornalista Concetto Mannisi davanti alla richiesta di spiegazioni, nel 1993, avanzatagli da Mario Ciancio alla presenza di Giuseppe Ercolano, ufficialmente imprenditore ma a capo dell’omonimo clan, per avere scritto sul quotidiano ‘La Sicilià che era un boss mafioso. Il cronista l’ha espressa rispondendo a una domanda del presidente della prima sezione penale del Tribunale di Catania, Roberto Passalacqua, davanti alla quale si celebra il processo all’editore per concorso esterno all’associazione mafiosa.


Al centro della deposizione di Mannisi, sentito come teste, un articolo sull’azienda Avimec della famiglia Ercolano. Il giornalista ha ricordato che il boss contestava di essere un imprenditore e un uomo libero, con tanto di passaporto, e di avere subito dei danni di immagine ed economici dal suo pezzo per cui avrebbe chiesto un risarcimento. A una richiesta di chiarimenti avanzata dal suo direttore, il cronista avrebbe citato come fonte prima i carabinieri e poi anche un documento pubblico: un provvedimento dell’allora ministro Mancino sullo scioglimento di alcuni Comuni della provincia. Dopo l’incontro il cronista, «palesemente infastidito per l’accaduto», ha chiesto «chiarimenti» al suo direttore, che gli ha risposto che lo aveva chiamato per fare capire come «nel suo articolo non ci fosse alcuna malizia, ma che era soltanto un giovane cronista».

Mannisi, sollecitato dai Pm Antonino Fanara e Agata Santonocito e dai legali della difesa, gli avvocati Carmelo Peluso e Francesco Colotti, ha sottolineato che non gli sono più capitati episodi del genere e di avere continuato a scrivere di cronaca e di mafia senza problemi. Prima erano stati sentiti come testi l’ex consigliere comunale di Catania Ivan Maravigna, l’ex assessore comunale Rosario D’Agata, l’imprenditore Alessandro Castiglione e il tenente colonnello dei carabinieri Antonio Sframeli.
L’udienza è stata aggiornata al prossimo 26 marzo.

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