«Un conto è evidenziare che per il legislatore la cautela vada limitata ai 18 mesi in attesa del giudizio di secondo grado, un conto (ben diverso) è ritenere che tali 18 mesi possano dirsi trascorsi anche quando, come nella specie, il sindaco abbia esercitato la carica». Più chiaro di così, il tribunale di Catania, non poteva essere. Pur nella “semplice” motivazione di 10 pagine, con cui la 1ª sezione civile ha rigettato la sospensiva del provvedimento del prefetto (che ha disposto la ripresa della sospensione di Salvo Pogliese dalla carica di sindaco di Catania), i giudici esprimono un orientamento chiaro in vista dell’udienza di merito del prossimo 10 aprile.
Il collegio (composto da Massimo Escher, presidente e relatore, e da Ignazio Cannata e Viviana Di Gesu) fa proprie molte delle tesi della Procura di Catania. E chiude la porta, con argomenti tanto netti da apparire convinzioni radicate, alla tesi dei difensori di Pogliese, secondo i quali la sospensione del sindaco sarebbe di fatto scaduta allo scoccare dei 18 mesi di «misura cautelare» (come l’ha giustamente definita la Corte costituzionale) già “scontati”. Proprio la Consulta, nell’ordinanza su Pogliese, chiarisce che, nella legge Severino, la ratio della sospensione sia «evitare che sia messo “in pericolo il buon andamento dell'amministrazione stessa e la sua onorabilità”». E su questo presupposto, scrivono i giudici, «dalla mera natura cautelare (in contrapposizione alla natura sanzionatoria) della sospensione non possa farsi derivare – come invece pretende il Pogliese – il suo diritto a (riprendere ad) esercitare la carica elettiva per il solo fatto del decorso dei 18 mesi (computando il termine al netto della sospensiva della sospensione), posto che ciò che la norma vuole assicurare è, appunto, che sia di 18 mesi l’intervallo temporale durante il quale effettivamente il governo della città sia sottratto al sindaco sospeso». Dunque, «fatta salva ogni più ponderata valutazione nel futuro eventuale giudizio di merito», il collegio ritiene che «il mero decorso del tempo (anche del tempo in cui il sindaco nonostante la sospensione originaria ha esercitato la carica) basti a sterilizzare la situazione di pericolo».
Condividendo le tesi del «bilanciamento degli interessi contrapposti» avanzata dai pm, il tribunale civile afferma inoltre che «irragionevole invero appare ammettere la possibilità che l’amministratore sospeso possa in concreto subire gli effetti della sospensione “esercitando” (continuando ad esercitare) la carica da cui sarebbe per legge pro tempore sollevato, quasi che il mero decorso del tempo possa riparare la lesione ai valori a tutela dei quali la norma è stata emanata». E così «è allora proprio un’interpretazione costituzionalmente orientata», come sostiene l’Avvocatura dello Stato, «ad imporre la soluzione oggi avversata dal Pogliese: far si che la sospensione che, finora è stata parziale, produca effetti ulteriori fino ai 18 mesi di legge, pena un vulnus per il buon andamento della cosa pubblica e per l’immagine, la credibilità e l’onorabilità delle istituzioni». Del resto, si legge in un altro passaggio, «errato è altresì l’assunto laddove si sostiene che i 18 mesi decorrono dalla sentenza penale di condanna (essendo ciò vero solo ove la condanna sia in secondo grado) laddove per le condanna in primo grado gli effetti decorrono dalla notificazione del decreto prefettizio».