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Pignatone: «Il 416 bis strumento utile anche contre le nuove mafie»

Di Redazione |

CATANIA – «L’Unione europea la mafia non la capisce, fanno finta di non vedere quel che c’è: la tendenza legislativa è “meno carcere, più aggressione ai patrimoni”, ma estendere l’aggressione ai patrimoni a fenomeni diversi dalla mafia come la corruzione, che la società stessa non avverte di gravità pari alla mafia, temo che ce lo farà perdere come arma di contrasto reale alle mafie». È stato estremamente chiaro il Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, noto per aver contrastato la mafia in Sicilia, Calabria e ora nel Lazio e noto alle cronache più recenti per il processo “Mafia Capitale”, intervenuto al convegno sul tema “Crimine organizzato e criminalità economica: stato dell’arte e prospettive future dopo l’introduzione del Pm europeo». Il convegno, presieduto dal Procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro, è stato organizzato dall’Universita degli studi di Catania in collaborazione con il Centro di Diritto Penale Europeo, ed ospitato nell’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza. Il luogo perfetto davanti al pubblico perfetto, futuri avvocati e magistrati, per analizzare l’attuale legislazione nella sua efficacia e negli inevitabili limiti al momento dell’applicazione, soprattutto quando ad entrare nelle indagini sono le vecchie e nuove mafie. «Il fenomeno mafioso, negato a Catania fino agli anni ’80 ovvero prima dell’introduzione nel 1982 dell’articolo 416 bis, va contrastato e non semplicemente contenuto – ha sottolineato Carmelo Zuccaro – la capacità di infiltrazione, di drenaggio delle risorse economiche sul territorio, di utilizzazione di profitti illeciti, fa sì che questi capitali rappresentino una forma di concorrenza incompatibile con una economia sana. Il sodalizio mafioso si estende ormai anche nel centro-nord Italia ed all’estero, per proliferare e farsi sempre più forte: per questo l’azione preventiva è fondamentale, bisogna capire che le mafie operano in modalità diverse a seconda dei territori».

«Il 416 bis è costruito avendo in mente la mafia siciliana: nell’articolo si citava anche la camorra e solo nel 2010 è stata aggiunta la ‘ndrangheta – ha evidenziato ancora Pignatone – oggi ci troviamo di fronte a nuove mafie che però hanno approcci esterni che già conosciamo: mischiano affari leciti con illeciti, hanno rapporti con pubbliche amministrazioni, attuano tentativi di riciclaggio, sono in grado di controllare un determinato territorio o settore di attività attraverso l’intimidazione, quindi senza avere necessariamente morti ammazzati, provocando assoggettamento ed omertà. Io sono contrario a toccare il 416 bis perché credo abbia la capacità di colpire anche questi nuovi fenomeni, con singoli e mirati interventi del legislatore. Ad oggi non abbiamo trovato la soluzione giusta per i beni confiscati destinati a fini sociali, perché ad esempio le banche che avevano finanziato l’attività si tirano indietro appena arriva il decreto. Pignatone ha tra l’altro definito di “trincea” il lavoro svolto dai procuratori.

«Esiste poi il problema delle nuove generazioni – ha concluso – magari figli di mafiosi, laureati e sposati a Roma, Milano o Torino, che usano capitali provenienti da illeciti di decenni prima, di cui è difficile dimostrare la provenienza, come i contatti sussistenti con persone mafiose».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA