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Omicidi Rovetta e Vecchio, la Procura generale avoca a sé l’inchiesta: «Approfondire il ruolo di Aldo Ercolano e Orazio Privitera»

La decisione del pg Carmelo Zuccaro che ha accolto la richiesta dei legali delle famiglie delle vittime che si sono opposte all'archiviazione

Di Laura Distefano |

La notizia era nell’aria da qualche mese. E ora è ufficiale. Il procuratore generale Carmelo Zuccaro ha firmato il provvedimento con cui dispone l’avocazione al proprio ufficio dell’inchiesta sulla morte degli imprenditori Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio.

I due manager delle Acciaierie Megara furono freddati il 31 ottobre 1990 alla zona industria di Catania dopo che erano usciti dello stabilimento. Sull’inchiesta pendeva una richiesta di archiviazione della procura alla gip – che aveva già fissato l’udienza camerale – dopo che era stata disposta l’archiviazione per alcuni indagati e invece era stata ordinata un’attività investigativa integrativa.

La gip Rizza, scrisse che dalle dichiarazione dei collaboratori di giustizia sarebbe «emerso il coinvolgimento nella vicenda di Aldo Ercolano e Orazio Privitera». La Procura però ha ritenuto di non avere elementi per sostenere un’azione penale. Non sono d’accordo i familiari che si sono opposti. I legali dei figli di Vecchio, gli avvocati Enzo Mellia e Giuseppe Lo Faro, avevano sollecitato l’avocazione che ora è arrivata.

Il Pg Zuccaro ha assegnato il fascicolo ai sostituti Nicolò Marino e Giovannella Scaminaci.Secondo la Procura generale «le indagini esperite dal pm non hanno sviluppato il tema posto dal gip» sulle «dinamiche intercorse tra Aldo Ercolano e Orazio Privitera».

Secondo il pentito (ex santapaoliano, cappelloto e anche militante dei Laudani) Eugenio Sturiale, «Ercolano gli avrebbe commissionato l’omicidio Rovetta in modo che fosse più difficile risalire alla “famiglia” catanese di Cosa nostra come mandante». E questo, scrive la Pg, «anche per l’ambiente malavitoso locale» perché sarebbe «apparsa anomala la decisione di uccidere il titolare di un’azienda che era sotto la “protezione” di Cosa nostra e con la quale ditte controllate da quelle “famiglie” facevano affari».

Secondo la Procura generale la pista indicata da Sturiale «trova significativi, se pur parziali, riscontri nelle dichiarazioni di Giuseppe Ferone» e, sottolinea la Pg, non era un ostacolo il fatto che Orazio Privitera – elemento all’epoca di spicco degli Sciuto-Tigno e poi diventato uno dei reggenti dei Carateddi di Catania – fosse detenuto, tanto che Ferone indica in «suo fratello, Carmelo Privitera, tra gli esecutori materiali del duplice delitto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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