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Nespolo, l’arte visionaria

Di Giorgio Romeo |

Ha presentato così il curatore Danilo Eccher la retrospettiva dedicata a Ugo Nespolo inaugurata ieri alla Fondazione Puglisi Cosentino di Catania alla presenza dell’artista. La mostra, intitolata “That’s life”, sarà visitabile fino al 15 gennaio e raccoglie oltre 170 opere realizzate tra il ‘67 e il 2016. «Nespolo – ha spiegato Emmanuele Emanuele, presidente della fondazione “Terzo Pilastro”, che ha ideato la mostra – è un vero perno di quella Pop Art da molti attribuita agli Usa ma di cui gli italiani sono stati precursori». Allegra Puglisi Cosentino ha sottolineato come l’arte del maestro piemontese ci insegni, con la sua poliedricità, a non rinchiuderci in schemi e preconcetti ponendoci di fronte a sfide sempre nuove.

Dal concettualismo ai legni policromi. Il percorso museale, ben distribuito su due piani, si propone di esplicitare il fil rouge che lega le opere realizzate da Nespolo in 50 anni di attività. La prima sala ospita tre grandi tempere (due del 2006 e una del 1988), si prosegue verso alcune installazioni come “Champagne – Molotov”, opera datata 1968, che vede un giovane Nespolo giocare col simbolo di un periodo di dramma sociale e fare da cerniera tra modernismo e postmodernismo. L’intelligente leggerezza dell’artista emerge poi nelle “Tavole di Pastore”, raffigurazione grafica che prova l’analisi del sillogismo di Annibale Pastore, rendendo appetibile un complesso meccanismo filosofico. Seguendo il percorso (che offre uno sguardo a 360 gradi sulla vita dell’artista: dall’adesione al movimento “Fluxus” all’amata “patafisica”, la “scienza delle soluzioni immaginarie”) ci si imbatte in una sala che ha il compito di spiegare – attraverso alcune opere meno note – il passaggio dal concettualismo al colore. «Molti critici – spiega ancora Eccher – ritengono che a un certo punto Nespolo abbia abbandonato il concettuale in favore di opere più legate al colore. In realtà ciò non è vero. Ad esempio in “Ossido di ferro su legno” egli utilizza un rosso piuttosto concettuale». Allo stesso modo, i primi incastri su due livelli si caratterizzano sì per l’inserimento di colore, ma a livello tematico vengono presentati gli elementi concettuali per eccellenza: lettere e numeri. Il primo piano si conclude con una sala in cui sono esposti alcuni arredi, dimostrazione di come l’arte sposi la vita quotidiana.

Il secondo piano della retrospettiva è dedicato all’attività cinematografica dell’artista, con la proiezione di pellicole sperimentali realizzate assieme ad amici come Fontana, Merz, Boetti e l’esposizione di manifesti e opere legati alla settima arte. L’ultima sala è invece uno spazio didattico dedicato ai più giovani.

L’Arte oggi secondo Nespolo. La presenza del maestro a Catania è stata anche occasione per scambiare qualche parola sul ruolo dell’arte oggi e sulla sua interazione con la società. «L’impressione – spiega Nespolo – è che oggi gli artisti si stiano disinteressando a ciò che accade nel mondo. Si lavora nel vuoto totale e trovo tutto ciò enormemente parziale, oltre che ipocrita». L’arte deve essere quindi ricerca sul contemporaneo, solo in questo modo assumerà il suo pieno senso. «In questo periodo – continua Nespolo – sto facendo delle ricerche sulla “Zattera della Medusa” di Théodore Géricault. Si tratta di una tela d’inizio Ottocento che ricorda la storia di alcuni naufraghi. Pensare a un parallellismo con il nostro presente e quanto accade nel Mediterraneo oggi è inevitabile». Un ritorno all’arte sociale, quindi? «Non avrebbe senso, ma si deve guardare ad esempi come il dadaismo berlinese di Heartfield, che paventava l’arrivo di Hitler nei suoi collage o alle opere d’impegno sociale ispirate al processo di Sacco e Vanzetti di Ben Shahn». Guai però a parlare di “avanguardia”, che secondo Nespolo sarebbe oggi una parola impronunciabile. «Per suo stesso etimo – continua l’artista – questo termine indica un gruppetto di persone che sta davanti, studia il nemico e poi riferisce alle retrovie. Oggi però manca l’ordinamento del gruppo: non si capisce più chi sta davanti e chi dietro». A vanificare del tutto il senso dell’avanguardia sarebbe l’ideologia postmoderna basata sul concetto di “Everything goes” in cui si presume che tutto sia arte, correndo il rischio che alla fine nulla lo sia. «Arthur Dento – conclude Nespolo – diceva che ci saranno sempre gli artisti e l’arte, ma tutto sarà ininfluente. A pensarci un attimo, però, “La zattera della Medusa” non è un’opera ininfluente».

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