Catania
Nella “boutique” della carità, abiti, medicine e cibo per chi è in difficoltà
Catania – La loro è una solidarietà – anzi una carità – che viene dal basso. Perché loro, le suore vincenziane Figlie della Carità di questa parola non hanno paura, anzi. «Oggi quello della carità – spiega suor Stella Barletta, Superiora della Comunità di via San Pietro a Catania, o meglio “suor servente” secondo la terminologia vincenziana – è un concetto confuso. Non si tratta solo di solidarietà, ma di essere vicini con umiltà ai più poveri. Come diceva San Vincenzo, i poveri avrebbero servito meglio i poveri perché ne conoscono le esigenze».
Così, fedeli al loro credo, da quasi 100 anni, sono al servizio di chi è nel bisogno. Per tutti i catanesi, la Comunità di via San Pietro 53 è la Casa di Suor Anna, dal nome della Superiora Suor Anna Cantalupo che, accanto alla baronessa Anna Zappalà che per tutta la vita affiancò generosamente le suore in tutte le loro opere, ha lasciato una eredità preziosa. Sulla sua scia, le 8 suore continuano il loro cammino di carità. «Anche la più anziana fra noi – commenta ridendo suor Gabriella Panebianco, che è l’anima informatica della Comunità – dall’alto dei suoi 85 anni non rinuncia a stare in cucina a preparare marmellate e dolci».
Tante e varie sono le attività a servizio dei più poveri. La più colorata è sicuramente la boutique della carità. Le suore e un piccolo esercito di volontari raccolgono e smistano abiti usati, cappotti e scarpe, maglieria, tessuti e articoli per la casa, alimenti e altro che, anonimamente, tanti cittadini lasciano il martedì alla porta del n° 53 di Via San Pietro. I capi raccolti vengono selezionati, classificati per stagione, tipologia, colore e taglia e destinati alla “Boutique” della Casa della Carità, un grande stanzone con scaffali, stender e reparti ben organizzati, che il lunedì mattina viene aperto per permettere a chi ha bisogno di avere il capo giusto, le scarpe per i bambini, indumenti caldi per i mesi più freddi, coperte e lenzuola. Non il pacco per i poveri, dunque ma da una parte le risorse, dall’altra i poveri, italiani e stranieri, uomini e donne, giovani, adulti e anziani, seguiti dalla Famiglia Vincenziana nei loro bisogni. Comunque, nulla va sprecato.
«A volte – rivela suor Stella – ci portano anche abiti da sera e scarpe tacco 12: è chiaro che sono prodotti non adatti alle esigenze semplici dei più poveri. E allora doniamo questi capi ai nostri assistiti per venderli nei mercatini e averne un ricavo. Le cose più logore, diventano pezze e stracci».
Dalla boutique al Centro ascolto, attivo il giovedì su appuntamento. Qui donne e uomini, giovani e di mezza età, affaticati nella logorante ricerca del necessario per sopravvivere e della forza per superare i mille ostacoli della vita, giungono per essere aiutati. Grazie a volontari appositamente formati vengono ascoltati e accompagnati nella ricerca di soluzioni ai propri problemi. «Valutata la situazione di ognuno – spiega Suor Stella – gli operatori cercano di definire un progetto di aiuto specifico, sostenibile e rispettoso delle potenzialità di ciascuno. Cerchiamo di dare aiuti concreti e in ogni caso li orientiamo e li accompagniamo ai servizi e alle risorse del territorio. L’obiettivo è restituire dignità alle persone». «Come San Vincenzo nel 600 e Suor Anna nel 900 – aggiunge suor Gabriella – cerchiamo sempre di costruire progetti individuali».
Quali sono i problemi che più spesso trovano spazio nelle stanzette del Centro Ascolto? Le suore li enumerano scorate: sfratti e affitti che non si riescono a pagare, medicine costose, perdita del lavoro, impossibilità di aiutare i bambini e i più fragili del nucleo familiare. Insomma, i mille volti della povertà, vecchia e nuova.
Ed è anche nell’ambito medico e di prima assistenza che si muove la Famiglia vincenziana. Dal 1977 è attiva una raccolta di medicinali e sanitari in farmacie, ambulatori, medici, Asl, informatori scientifici e case farmaceutiche. A volte sono anche i cittadini a donare medicine e materiale sanitario, magari acquistato per un anziano che viene a mancare. I farmaci sono poi portati nella medicheria dove vengono smistati, controllati, e sistemati alfabeticamente su scaffalature; tutto è coordinato da due medici volontari che provvedono anche a prescrizioni e medicazioni, o a invii mirati. E, ancora, il Centro alimentare, attivato anche grazie alla Rete del Banco delle Opere di Carità e alla disponibilità di privati e di tantissimi volontari.
«I prodotti richiesti per la raccolta alimentare sono quelli a lunga conservazione e facile stoccaggio – enumera suor Gabriella – ma accettiamo tutto per redistribuirlo, portando poi casa per casa i generi necessari. Oltre a qualche raccolta fuori dai supermercati e delle raccolte mirate come quella di materiale scolastico prima dell’avvio delle lezioni, c’è per esempio un nostro volontario che, almeno due volte l’anno organizza una cena chiedendo a ognuno degli amici invitati di portare un sacco pieno di spesa, la più varia. Che accogliamo con gioia».
Inoltre, durante quest’ultimo anno, diverse sono state le iniziative volte a sostenere le persone in difficoltà attraverso progetti di formazione professionale. «Grazie ad alcuni benefattori e a raccolte fondi – dice la Superiora – siamo riusciti a portare a termine “Maria di Nazareth” rivolto a 10 donne per prepararle alle Arti di casa, alcune delle quali hanno anche trovato una sistemazione lavorativa e Fili di gioia, rivolto a 6 donne per avviarle al lavoro di riparazioni e aggiusti sartoriali, che speriamo di riproporre per l’anno prossimo. Per gli uomini avevamo pensato a lavori agricoli e abbiamo chiesto di disporre di uno dei terreni confiscati alla mafia. Ma – conclude – non ci hanno mai risposto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA